Nell’Ottocento,
prima che la filossera e altre malattie (molte delle quali
provienienti dall’America) si concentrassero con la loro potenza
distruttrice sui vigneti italiani, nel nostro paese, c’erano migliaia
di vitigni, a volte diversi da villaggio a villaggio, ognuno con
particolarità e specifiche caratteristiche. Questa ricchezza di vitigni
autoctoni, dopo l'avvento della filossera e con il passare degli
anni, si è poi fortemente ridimensionata.
In molte aree d’Italia, c’è stato poi il periodo contrassegnato dall’impianto di vitigni molto produttivi, anche se scarsi sul fronte della qualità.
Negli ultimi 30 anni, aiutata anche dal passaggio della viticoltura (da promiscua a specializzata), nasce la moda a riconvertire questo "status quo" (da varietà di bassa qualità a varietà pregiate). Sono, quindi, arrivati i vitigni cosiddetti internazionali (in larga parte, già presenti nell’Ottocento nei vigneti italiani). In Italia, comunque, il numero dei vitigni resta ancora davvero molto alto, il più elevato al mondo. Ecco un piccolo elenco di 50 e più vini e vitigni d’Italia.
MONTEPULCIANO D’ABRUZZO.
Varietà scura dominante
in Abruzzo, che sta guadagnando favore anche in altre regioni per i
buoni varietal ed in uvaggi. Dal Montepulciano si ricava un vino
strutturato, ricco di colore, profumo fruttato.
Il Montepulciano d'Abruzzo rosso è un vino DOC la cui produzione è consentita nelle province di Chieti, L'Aquila, Pescara e Teramo e proviene dal vitigno dal nome Montepulciano. Non è da confondere con il Vino Nobile di Montepulciano prodotto in Toscana e proveniente da un altro vitigno. Nel 2007 il Montepulciano d'Abruzzo è risultato essere il primo vino italiano (della categoria DOC) per produzione.
L'uva Montepulciano è presente in Abruzzo da tempo immemore, ma solamente dal XVII secolo si inizia a chiamare quest'uva con il nome attuale.
L'origine dell'uva sembra essere comune alle altre tipologie a bacca nera del meridione, tutte chiaramente derivanti dalla Grecia. Nei secoli rimarrà l'apprezzamento che ne ebbe il condottiero cartaginese Annibale, che tenne sotto scacco Roma per molti anni, rinvigorendo uomini e cavalli con il vino prodotto nel territorio degli Aprutzi. Da più di due secoli va avanti la disputa sulla paternita del nome "montepulciano", conteso tra gli abruzzesi e i viticoltori di Montepulciano (SI).
La confusione fu dovuta alla similitudine di alcune caratteristiche ampelografiche, e la capacità di produrre vini simili, anche se il montepulciano primutico (primaticcio o anche precoce) risultò essere il prugnolo gentile, clone del sangiovese grosso, quando invece l'uva degli Abruzzi era tardiva rispetto a quella toscana, dava vini decisamente più strutturati, longevi e carichi di profumi e colore. La confusione venne a crearsi nella Baronia di Carapelle, tenuta de'Medici in Abruzzo, areale nel quale vennero importate le prime tecniche viticole ed enologiche evolute dalla Toscana in Abruzzo. Il punto di partenza del Montepulciano attualmente coltivato in Abruzzo, dopo l'avvento della fillossera (Daktulosphaira vitifoliae), fu la zona di Torre de' Passeri, nell'apertura della Valle Peligna verso l'Adriatico.
Si ha notizia di produzione e commercializzazione di "vino Montepulciano" fin dal 1821 nella vallata del Pescara (presumibilmente nella zona di Tocco da Casauria - Bolognano dove risiedeva la famiglia Guelfi). Tale affermazione è documentata da un rarissimo documento manoscritto di proprietà dell'arch. Tommaso Camplone di Pescara. Da diversi archivi risulta anche che alcuni cloni scampati alla devastazione della fine dell'800, vennero reperiti nella Marsica, su suoli nei quali la fillossera non riesce a diffondersi, situati probabilmente a Gioia dei Marsi, Aielli o San Pelino-Paterno.
Attualmente le nuove tecniche viticole ed enologiche consentono di coltivare il Montepulciano ovunque, ma l'areale ottimale nel quale sembra acclimatarsi in maniera ideale è la Valle Peligna, tanto che ne cantò anche il poeta latino Ovidio "terra ferax Ceresis multoque feracor uvis" terra fertile cara a Cerere (dea del grano) e molto più fertile per l'uva". Dalla vendemmia 2003 alla sottozona "Colline Teramane" è stata concessa la DOCG. Con opportune modifiche al disciplinare di produzione nel 2005, ad altre aree, è stata concessa anche la menzione "Riserva"; alcune IGT sono passate a sottozone DOC, e probabilmente a breve verranno richieste altre DOCG per determinate sottozone.
MOSCATO D'ASTI.
E'
sicuramente una delle varietà più pregiate ed antiche del mondo. Il
vitigno è famoso soprattutto perché dà vita al famoso vino spumante
(ma anche a vini dolci liquorosi). Originario del Piemonte, un
tempo veniva anche utilizzato come base per i vermouth.
Il Moscato d'Asti è un vino DOCG che si ricava dal vitigno moscato bianco la cui produzione è consentita nelle province di Alessandria, Asti e Cuneo.
La denominazione di Moscato d'Asti è regolata da due Disciplinari: riconoscimento della D.O.C. (D.P.R. del 9 luglio 1967) e riconoscimento della D.O.C.G.: (D.P.R. del 28 novembre 1993). La produzione di questo vino è regolata 52 comuni nelle province di Cuneo, Asti ed Alessandria.
Cuneese: Alba, Camo, Castiglione Tinella, Castino, Cossano Belbo, Mango, Neive, Neviglie, Perletto, Rocchetta Belbo, Santa Vittoria d’Alba, Santo Stefano Belbo, Serralunga d’Alba, Treiso, Trezzo Tinella.
Astigiano: Bistagno, Bubbio, Calamandrana, Calosso, Canelli, Cassinasco, Castagnole delle lanze,Castel Boglione, Castel Rocchero, Castelletto Molina, Castelnuovo Belbo, Cessole,Coazzolo, Fontanile, Incisa Scapaccino, Loazzolo, Moasca, Mombaruzzo, Monastero Bormida, Montabone, Nizza Monferrato, Rocchetta Palafea, San Giorgio Scarampi, San Marzano Oliveto, Sessame, Terzo.
Alessandrino: Acqui Terme, Alice Bel Colle, Cassine, Grognardo, Maranzana, Quaranti, Ricaldone, Strevi, Visone.
MULLER THURGAU.
Viene
coltivato lungo il fiume Adige. Assieme a Gewurztraminer, Riesling
Renano, il Muller Thurgau produce l'omonimo vino bianco aromatico,
delicato e di sapore raffinato. Il suo naturale terroir è la Val di
Cembra.
Il Müller-Thurgau è un vitigno aromatico originario del Geisenheim in Germania e utilizzato per produrre vino principalmente in Germania, Ungheria, Austria e Italia. Il vitigno fu creato alla fine del XIX sec. mediante incroci di Riesling renano X Madeleine Royale (prima delle ricerche sul DNA si pensava tra Riesling e Sylvaner), dall'enologo svizzero (originario del Canton Turgovia) Hermann Müller (Thurgau).
Caratteristiche organolettiche:
NEBBIOLO.
E' uno dei vitigni
più antichi: risale al 1200. E' il nobile progenitore dei più grandi
rossi piemontesi - Barolo, Barbaresco, Gattinara - e di una schiera
di altri vini in Piemonte, Lombardia (Valtellina) e Val d'Aosta. Si
vinifica in purezza. E’ un simbolo della viticoltura italiana.
Il Nebbiolo è un vitigno, producente uva a bacca colorata (nera), è considerato uno dei vitigni di maggior pregio, adatto per vini da invecchiamento di altissima qualità.
Il termine nebbiolo pare derivare da "nebbia", non è chiaro se per definire l'aspetto dell'acino, scuro, ma appannato (annebbiato) da abbondante pruina, ovvero se dovuto alla maturazione molto tardiva delle uve, che porta spesso a vendemmiare nel periodo delle nebbie autunnali.
Il Nebbiolo ha le sue prime citazioni storiche alla fine del 1200 (Pier Crescenzio, Liber dell'Agricoltura), per la sua presenza in vari luoghi, primariamente in Piemonte, soprattutto per l'Astigiano e le Langhe. Solo a partire dal XIX secolo il Nebbiolo viene frequentemente citato nelle opere dei più famosi ampelografi. Nel 1431 è citato negli statuti di La Morra assieme al Pignolo (Pinot).
È coltivato in particolar abbondanza in Piemonte nelle Langhe e nel Roero in provincia di Cuneo e nell'Alto Piemonte dove possiamo indicare le sottozone del Canavese soprattutto nel comune storico di Carema in provincia di Torino, del Biellese, dell'Alto Vercellese e del Novarese. È presente anche nell'Astigiano seppure in quantità minore.
Al di fuori del Piemonte è ampiamente diffuso nella Bassa Valle d'Aosta, ancor più in Valtellina ove costituisce la base per la produzione dei DOCG Valtellina superiore e Sfursat. È presente anche in Franciacorta. Anche in Sardegna settentrionale, nell'area del Comune di Luras è prodotto un pregiato Nebbiolo, localmente denominato come "Nebiolo".
Caratteristiche morfologiche
NEGROAMARO.
Varietà
della Puglia che domina i grandi rossi della penisola salentina e
del Sud. Di origine greca, per troppo tempo, purtroppo, considerato
soltanto vino da taglio.
Il Negroamaro (o Negramaro) è un vitigno rosso coltivato quasi esclusivamente in Puglia, in modo particolare nel Salento. L'origine del nome non è altro che la ripetizione della parola nero in due lingue: niger in latino e mavros in greco antico (da cui il dialettale maru). È uno dei principali vitigni dell'Italia meridionale.
Ha una particolare attitudine a produrre rosati per le sue caratteristiche chimiche oltre che per la sua buccia fragile e per la polpa succosa che facilmente lascia gemere il mosto fiore.
Il gruppo musicale dei Negramaro deve il suo nome a questo vitigno.
Il vino è conosciuto con molti altri nomi: Albese, Abruzzese, Arbese, Jonico, Mangiaverde, Negro Amaro, Nero Leccese, Nigra amaru, Niuru maru, Uva Cane. A Novoli era chiamato anche "lacrima".
Caratteristiche
Epoca di maturazione: media (fine settembre-inizio ottobre), si registrano variazioni in base alla zona di coltivazione.
In molte aree d’Italia, c’è stato poi il periodo contrassegnato dall’impianto di vitigni molto produttivi, anche se scarsi sul fronte della qualità.
Negli ultimi 30 anni, aiutata anche dal passaggio della viticoltura (da promiscua a specializzata), nasce la moda a riconvertire questo "status quo" (da varietà di bassa qualità a varietà pregiate). Sono, quindi, arrivati i vitigni cosiddetti internazionali (in larga parte, già presenti nell’Ottocento nei vigneti italiani). In Italia, comunque, il numero dei vitigni resta ancora davvero molto alto, il più elevato al mondo. Ecco un piccolo elenco di 50 e più vini e vitigni d’Italia.
MONTEPULCIANO D’ABRUZZO.
Il Montepulciano d'Abruzzo rosso è un vino DOC la cui produzione è consentita nelle province di Chieti, L'Aquila, Pescara e Teramo e proviene dal vitigno dal nome Montepulciano. Non è da confondere con il Vino Nobile di Montepulciano prodotto in Toscana e proveniente da un altro vitigno. Nel 2007 il Montepulciano d'Abruzzo è risultato essere il primo vino italiano (della categoria DOC) per produzione.
L'uva Montepulciano è presente in Abruzzo da tempo immemore, ma solamente dal XVII secolo si inizia a chiamare quest'uva con il nome attuale.
La confusione fu dovuta alla similitudine di alcune caratteristiche ampelografiche, e la capacità di produrre vini simili, anche se il montepulciano primutico (primaticcio o anche precoce) risultò essere il prugnolo gentile, clone del sangiovese grosso, quando invece l'uva degli Abruzzi era tardiva rispetto a quella toscana, dava vini decisamente più strutturati, longevi e carichi di profumi e colore. La confusione venne a crearsi nella Baronia di Carapelle, tenuta de'Medici in Abruzzo, areale nel quale vennero importate le prime tecniche viticole ed enologiche evolute dalla Toscana in Abruzzo. Il punto di partenza del Montepulciano attualmente coltivato in Abruzzo, dopo l'avvento della fillossera (Daktulosphaira vitifoliae), fu la zona di Torre de' Passeri, nell'apertura della Valle Peligna verso l'Adriatico.
Si ha notizia di produzione e commercializzazione di "vino Montepulciano" fin dal 1821 nella vallata del Pescara (presumibilmente nella zona di Tocco da Casauria - Bolognano dove risiedeva la famiglia Guelfi). Tale affermazione è documentata da un rarissimo documento manoscritto di proprietà dell'arch. Tommaso Camplone di Pescara. Da diversi archivi risulta anche che alcuni cloni scampati alla devastazione della fine dell'800, vennero reperiti nella Marsica, su suoli nei quali la fillossera non riesce a diffondersi, situati probabilmente a Gioia dei Marsi, Aielli o San Pelino-Paterno.
Attualmente le nuove tecniche viticole ed enologiche consentono di coltivare il Montepulciano ovunque, ma l'areale ottimale nel quale sembra acclimatarsi in maniera ideale è la Valle Peligna, tanto che ne cantò anche il poeta latino Ovidio "terra ferax Ceresis multoque feracor uvis" terra fertile cara a Cerere (dea del grano) e molto più fertile per l'uva". Dalla vendemmia 2003 alla sottozona "Colline Teramane" è stata concessa la DOCG. Con opportune modifiche al disciplinare di produzione nel 2005, ad altre aree, è stata concessa anche la menzione "Riserva"; alcune IGT sono passate a sottozone DOC, e probabilmente a breve verranno richieste altre DOCG per determinate sottozone.
MOSCATO D'ASTI.
Il Moscato d'Asti è un vino DOCG che si ricava dal vitigno moscato bianco la cui produzione è consentita nelle province di Alessandria, Asti e Cuneo.
La denominazione di Moscato d'Asti è regolata da due Disciplinari: riconoscimento della D.O.C. (D.P.R. del 9 luglio 1967) e riconoscimento della D.O.C.G.: (D.P.R. del 28 novembre 1993). La produzione di questo vino è regolata 52 comuni nelle province di Cuneo, Asti ed Alessandria.
Cuneese: Alba, Camo, Castiglione Tinella, Castino, Cossano Belbo, Mango, Neive, Neviglie, Perletto, Rocchetta Belbo, Santa Vittoria d’Alba, Santo Stefano Belbo, Serralunga d’Alba, Treiso, Trezzo Tinella.
Astigiano: Bistagno, Bubbio, Calamandrana, Calosso, Canelli, Cassinasco, Castagnole delle lanze,Castel Boglione, Castel Rocchero, Castelletto Molina, Castelnuovo Belbo, Cessole,Coazzolo, Fontanile, Incisa Scapaccino, Loazzolo, Moasca, Mombaruzzo, Monastero Bormida, Montabone, Nizza Monferrato, Rocchetta Palafea, San Giorgio Scarampi, San Marzano Oliveto, Sessame, Terzo.
Alessandrino: Acqui Terme, Alice Bel Colle, Cassine, Grognardo, Maranzana, Quaranti, Ricaldone, Strevi, Visone.
MULLER THURGAU.
Caratteristiche organolettiche:
- colore: dal bianco carta al giallo paglierino tenue, con riflessi verdolini, brillante.
- odore: profumo caratteristico delicato e gradevole.
- sapore: secco, amabile, sapido, fresco, acidulo con leggero retrogusto amarognolo.
NEBBIOLO.
Il Nebbiolo è un vitigno, producente uva a bacca colorata (nera), è considerato uno dei vitigni di maggior pregio, adatto per vini da invecchiamento di altissima qualità.
Il termine nebbiolo pare derivare da "nebbia", non è chiaro se per definire l'aspetto dell'acino, scuro, ma appannato (annebbiato) da abbondante pruina, ovvero se dovuto alla maturazione molto tardiva delle uve, che porta spesso a vendemmiare nel periodo delle nebbie autunnali.
Il Nebbiolo ha le sue prime citazioni storiche alla fine del 1200 (Pier Crescenzio, Liber dell'Agricoltura), per la sua presenza in vari luoghi, primariamente in Piemonte, soprattutto per l'Astigiano e le Langhe. Solo a partire dal XIX secolo il Nebbiolo viene frequentemente citato nelle opere dei più famosi ampelografi. Nel 1431 è citato negli statuti di La Morra assieme al Pignolo (Pinot).
È coltivato in particolar abbondanza in Piemonte nelle Langhe e nel Roero in provincia di Cuneo e nell'Alto Piemonte dove possiamo indicare le sottozone del Canavese soprattutto nel comune storico di Carema in provincia di Torino, del Biellese, dell'Alto Vercellese e del Novarese. È presente anche nell'Astigiano seppure in quantità minore.
Al di fuori del Piemonte è ampiamente diffuso nella Bassa Valle d'Aosta, ancor più in Valtellina ove costituisce la base per la produzione dei DOCG Valtellina superiore e Sfursat. È presente anche in Franciacorta. Anche in Sardegna settentrionale, nell'area del Comune di Luras è prodotto un pregiato Nebbiolo, localmente denominato come "Nebiolo".
Caratteristiche morfologiche
- Germogliamento: prima decade di aprile.
- Fioritura: prima decade di giugno.
- Invaiatura: seconda decade di agosto.
- Maturazione dell'uva: seconda-terza decade di ottobre.
NEGROAMARO.
Il Negroamaro (o Negramaro) è un vitigno rosso coltivato quasi esclusivamente in Puglia, in modo particolare nel Salento. L'origine del nome non è altro che la ripetizione della parola nero in due lingue: niger in latino e mavros in greco antico (da cui il dialettale maru). È uno dei principali vitigni dell'Italia meridionale.
Ha una particolare attitudine a produrre rosati per le sue caratteristiche chimiche oltre che per la sua buccia fragile e per la polpa succosa che facilmente lascia gemere il mosto fiore.
Il gruppo musicale dei Negramaro deve il suo nome a questo vitigno.
Il vino è conosciuto con molti altri nomi: Albese, Abruzzese, Arbese, Jonico, Mangiaverde, Negro Amaro, Nero Leccese, Nigra amaru, Niuru maru, Uva Cane. A Novoli era chiamato anche "lacrima".
Caratteristiche
Epoca di maturazione: media (fine settembre-inizio ottobre), si registrano variazioni in base alla zona di coltivazione.
- Vigoria: ottima.
- Produttività: abbondante e costante.
- Peso medio del grappolo: medio-elevato (300-350 g).
- Acino: medio-grosso, forma ovale più largo all'apice; buccia pruinosa, di colore nero violaceo, poco sottile e consistente.
- Esigenze ambientali e colturali: adattabile con facilità a diversi tipi di terreno, con preferenza per quelli calcareo-argillosi, e ai climi caldi anche se aridi.
- Utilizzi: esclusivamente per la vinificazione, raramente in purezza; più frequentemente unito ad altri vitigni (Malvasia Nera, Sangiovese, Montepulciano).
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