Il continente asiatico comprende un gran numero di etnie. Le cucine più importanti e note sono quella cinese e quella indiana, a loro volta caratterizzate, trattandosi di tradizioni relative a territori molto vasti, da forti differenze regionali.
A grandi linee, la cucina cinese presenta una storia di sviluppo molto articolata, anche attraverso numerose scuole di cucina distribuite nel vasto Paese, e una grande duttilità nell’utilizzo degli ingredienti, pur escludendo per lo più il latte e i suoi derivati.
La cucina indiana, nel corso della storia, è stata maggiormente condizionata dai precetti delle diverse religioni (indù, buddista, gianseinista, musulmana ecc.) e dai più estesi contatti con altre popolazioni, fino alla colonizzazione inglese e portoghese. Latte e derivati trovano in questa cucina un impiego di lunga tradizione, insieme a un intensivo e molto variegato utilizzo di numerose spezie.
Alimenti base della cucina cinese.
Cereali e legumi. Il riso è un componente fondamentale dell’alimentazione quotidiana. Viene consumato bollito, cotto a vapore o per assorbimento. Sottoforma di farina è utilizzato nella preparazione di spaghetti o vermicelli di rapida cottura, di ravioli, frittelle e altri dolci. Una varietà particolare è il riso glutinoso, così denominato non per la presenza di glutine, ma per la sua particolare consistenza collosa.
Il congee si ottiene facendo bollire il riso in acqua abbondante fino ad avere un prodotto di consistenza molle, una pappa usata spesso per la prima colazione. Il frumento e altri tipi di cereali coltivati soprattutto al Nord del Paese, anche se meno utilizzati del riso, presentano comunque una certa diffusione, specie nella preparazione di pasta o di pani cotti al vapore. La pasta, per lo più spaghetti o vermicelli, disponibile sia fresca sia essiccata, viene preparata con varie tipologie di farine tra cui riso, frumento, grano saraceno, soia e fagioli mungo. Con quest’ultima farina vengono confezionati gli spaghetti cellophane, così chiamati perché diventano trasparenti con la cottura. Riso e pasta, cotti, vengono fritti in poco condimento e mescolati a ingredienti carnei o vegetali nella preparazione di piatti denominati al riso o pasta fritti. I wonton sono un tipo di pasta ripiena (tipo ravioli) con carne, pesce o verdura, cotti nel brodo, a vapore o fritti.
Carne e pesce.
Nella cucina cinese viene utilizzata una grande varietà di prodotti animali anche non convenzionali. Molto diffuso l’impiego del maiale e dei volatili polli e anatre. In genere nulla viene scartato. L’anatra alla pechinese di antica tradizione, risalente alla dinastia Yuan (1271-1368), di origine Mongola, viene considerata il piatto nazionale cinese. La preparazione è complessa in quanto richiede una marinatura in liquidi speziati, prima della cottura. Diffuso il consumo di pesci, molluschi e crostacei anche sottoforma di prodotti essiccati (gamberetti, calamari, acciughe, abalone e così via).
Latte e derivati.
In Cina gli adulti per lo più non bevono latte, anche per una frequente intolleranza al lattosio, né esiste una diffusa produzione di formaggi. Recentemente, però, l’interesse per i latticini sembra essere in aumento sulla scia di tendenze imitative dell’alimentazione occidentale
Verdura e frutta.
Le verdure, consumate per lo più cotte, e tagliate in pezzi con modalità spesso specifiche per ciascun tipo di vegetale, sono parte integrante di molti piatti. Alcuni prodotti tipici sono: germogli di soia, fagioli mungo o bambù, varietà di brassicacee tra cui bok choy o pak choi o brassica chinensis (dal panetto di forma ovoidale, dalle foglie verde scuro brillante con dei costoloni bianchi) e choy sum o brassica rapa, a foglia, fagiolini, funghi di molte varietà tra cui i shiitake, originari del Giappone, radici di loto, castagne d’acqua e yam beans dalla polpa dolciastra e croccante. Molti frutti entrati nell’uso comune presso di noi, sono originari della Cina (agrumi, pesche, albicocche, pere). La giuggiola, detta anche dattero cinese, viene consumata fresca, essiccata, affumicata, sotto spirito oppure utilizzata per la preparazione di infusi e anche di un vino. Altri frutti particolari sono i kumquat (piccoli agrumi), i longan detti anche occhi di drago (di forma sferica, guscio sottile beige, polpa traslucida e molle, quasi trasparente che lascia intravedere il seme centrale nero, da cui il nome) e i litchi, (frutti dalle dimensioni di una noce, guscio esterno rosso e rugoso e polpa acquosa, succulenta). Frequente anche l’uso della frutta essiccata e talora salata.
In Cina vengono utilizzati come condimenti molti tipi di oli vegetali (girasole, soia, arachidi, sesamo o mais). Un prodotto tipico è la salsa di soia, ricavata per fermentazione e aggiunta di sale. Ne esistono diverse varietà dal gusto più o meno intenso; quella più chiara è la più frequentemente utilizzata per condire, è piuttosto salata e altera modicamente il colore dei cibi ai quali viene aggiunta. La salsa di soia scura è più densa, invecchiata più a lungo e addizionata con melassa, per cui conferisce ai cibi un sapore lievemente dolce, viene più spesso usata nella cottura. Vengono inoltre preparate miscele delle due varietà in modo da ottenere diverse modulazioni di sapori. La salsa di soia viene aggiunta a zuppe, marinature e cibi salati di tutti i tipi sia in cucina, sia a tavola, secondo il gusto dei commensali. Altri condimenti sono la salsa di ostriche, l’aceto di riso o il vino di Shaoxing dal sapore simile allo sherry secco.
Spezie ed erbe.
La cucina cinese fa un utilizzo moderato-alto di spezie ed erbe. Sono di uso comune soprattutto zenzero, galangal (simile allo zenzero), coriandolo e pepe di Sichuan o sansho, ma non solo. La miscela detta delle cinque spezie include anice stellato, cannella, chiodi di garofano, pepe di Sichuan e semi di finocchio. Nella regione del Sichuan la cucina è particolarmente piccante.
Bevande.
Molto usato il tè, comprese le varietà verdi, non fermentate, e più raramente quelle bianche, preziose, ricavate dai germogli. Il tè viene servito bollente in piccole tazze, in genere senza aggiunta di zucchero. Distributori di acqua bollente sono diffusi in vari ambienti. In Cina sono disponibili vini e birre locali. Negli ultimi 15 anni sono stati piantati numerosi vigneti di origine francese o italiana.
Caratteristiche della cucina cinese. La storia della cucina cinese è estremamente complessa in quanto in essa confluiscono diverse scuole e tradizioni locali. Un’antica classificazione, proposta già ai tempi delle dinastie Qin (221-206 a.C.) e Han (206 a.C.-220 d.C.), e poi progressivamente aggiornata, prevede una distinzione in dieci scuole di stile culinario, che prendono il nome da alcune province cinesi: Shandong, Sichuan, Jiangsu, Guangdong, Hunan, Fujian, Anhui, Zhejiang, Bejing (Pechino) e Shangai. Una sottoclassificazione è quella che distingue anche la cucina imperiale o mandarina, e quella aristocratica o privata. La cucina imperiale, in particolare, si fondava sull’utilizzo di ingredienti selezionati, talora rari e preziosi, sulla varietà e raffinatezza nelle preparazioni, ma anche sulla presentazioni dei cibi, con un numero esorbitante di ricette.
Oggi i menù della cucina imperiale vengono serviti in pochi locali selezionati. Un aspetto della cucina cinese, che è allo stesso tempo unificante e creatore di varietà, è la diffusa preparazione di piatti che combinano il 50% circa di ingredienti amidacei, detti fan, prevalentemente sottoforma di riso o pasta, con un 50% di ingredienti di accompagnamento quali carne, pesce o vegetali, utilizzati da soli o in combinazione; il tutto con aggiunta di aromi e condimenti. Dalle innumerevoli possibili associazioni degli ingredienti di base derivano sia una varietà molto ampia di preparazioni culinarie sia singole preparazioni caratterizzate da una molteplicità di sapori, aromi, forme, consistenze e colori. Per le cotture a vapore (soprattutto dei cereali, delle paste ripiene o dei pani) vengono usati recipienti in metallo dal fondo traforato, anche di grandi dimensioni, che possono essere impilati uno sull’altro e posti su un contenitore finale contenente l’acqua; è certamente un sistema che consente la preparazione di grandi quantità o varietà diverse di cibi. In alternativa si utilizzano contenitori di bambù intrecciato, di più piccole dimensioni, che vengono poi portati direttamente in tavola.
Oggi, specie per la cottura del riso, prevalgono, anche nelle famiglie, le vaporiere elettriche. Un metodo molto usato per la preparazione dei piatti principali è la frittura rapida nel wok, una padella dal fondo sferico che poggia sul fuoco tramite un apposito collare metallico. Carni, pesci e verdure, dopo essere stati tagliati in pezzi, ma anche riso e pasta precotti, vengono fritti nel wok, con poco grasso, mescolandoli di continuo con un’apposita paletta.
La rapidità di cottura è assicurata dalle piccole dimensione del cibo e dall’uso di una fiamma alta. Qualche volta al termine della frittura viene aggiunto mezzo mestolo di liquido che, a contatto con l’ampia superficie rovente del wok, evapora rapidamente rendendo il cibo più morbido o permettendo l’aggiunta di piccole quantità di composti addensanti. La frittura in olio abbondante viene impiegata meno frequentemente specie per pesci o altri cibi cotti interi. Un tipo particolare di preparazione prevede l’uso della hot pot, un contenitore pieno di brodo bollente, mantenuto sempre caldo, in cui vengono cotti dai singoli commensali ingredienti carnei e vegetali già tagliati in bocconi. I coltelli sono presenti solo in cucina, ma devono essere affilati o robusti vista la necessità di tagliare a pezzi, anche piccoli, gli ingredienti, compresa la carne con le ossa. In tavola gli utensili sono bacchette di vario materiale: legno, bambù, plastica.
Quelle in avorio decorato appartengono ormai al passato. Il cucchiaio è in genere a fondo piatto e largo ed è per lo più in ceramica, da usarsi per le zuppe o altri piatti semiliquidi ma anche per quelli solidi. La ceramica ha un più basso potere di conduzione del calore rispetto al metallo ed è quindi molto adatta al consumo di cibi caldi. Ogni pasto prevede l’associazione di diverse portate, per lo più messe in tavola contemporaneamente. Ciascun commensale ha una propria ciotola di riso e un piatto vuoto su cui poggiare il cibo prelevato con le bacchette da piatti comuni, talora posizionati su un vassoio girevole, fissato al centro della tavola, in modo da assicurare a tutti un più facile accesso alle diverse portate. Le zuppe possono essere servite all’inizio (nel Nord) o alla fine del pasto (nel Sud). È diffusa l’abitudine a frequenti “fuoripasto” consumati in qualsiasi ora del giorno; in genere si tratta di piccole porzioni di ravioli ripieni, carne, pasta o riso, mescolati ad altri ingredienti.
Alimenti base della cucina indiana.
In India il riso è un componente fondamentale della cucina. Vengono prodotte e utilizzate anche varietà particolari quali il basmati o il patna. Come accompagnamento ai cibi, oltre al riso, viene consumato il pane di frumento o di legumi, spesso non lievitato, cotto su piastra, al forno, o anche per frittura. Il chapati è una sorta di piadina cotta sulla tava o piastra circolare calda, mentre il roti ha le stesse caratteristiche ma è condito con burro e arricchito di semi. Pani fritti, anch’essi molto diffusi, comprendono i parati, i puri e i pappadumi, di farina di ceci. Pani lievitati comuni sono i naan, cotti in forno. I cereali, soprattutto riso e semolino, vengono utilizzati anche nella preparazione di dolci. I legumi (ne esistono più di 50 varietà), piselli, fagioli e lenticchie di vario tipo e colore vengono consumati in abbondanza soprattutto dai vegetariani. Si utilizzano anche le varietà pretrattate (decorticate, con rimozione della cuticola e poi frantumate, di più rapida cottura). I dal sono preparazioni, di uso praticamente quotidiano, a base di legumi interi o più spesso decorticati e frantumati (dal in sanscrito significa “spezzato”), consumate con riso o pane. La procedura è semplice: i legumi bolliti, talora con aggiunta di zenzero, tamarindo e mango immaturo, vengono addizionati con aglio e cipolla e una mistura di spezie e aromi (chiamata tadka o baghaar) composta da cumino, coriandolo, peperoncino o una miscela di spezie (garam masala), stemperate in poco olio caldo.
Carne e pesce.
In India diversi precetti religiosi portano a escludere dall’alimentazione alcuni tipi di carne, tra cui, per esempio, i bovini (per gli indù) o il maiale (per i musulmani) o tutti i tipi di carne (per vegetariani indù, buddisti o giainisti). Il consumo di carne spesso non è proibito in modo specifico, tuttavia è implicito nel concetto indù di ahimsa ovvero di non violenza e rispetto di tutte le forme viventi. Anche gli indù non vegetariani escludono comunque il consumo di carne bovina. Le mucche sono considerate sacre in quanto forniscono latte e derivati, supportano i lavori agricoli e i loro escreti fungono da fertilizzanti e combustibile. La macellazione dei bovini è proibita per legge in alcuni stati (Kerala e Arunachal Pradesh). Il consumo di latte e derivati è comunque ammesso ed è anzi molto diffuso come parte integrante di diverse preparazioni culinarie. Un’alimentazione vegetariana è oggi seguita da circa il 30% della popolazione.
Latte e derivati.
Il ghee è il burro chiarificato tradizionale della cucina indiana. Viene preparato riscaldando il burro fresco in modo da eliminare l’acqua (il burro ne contiene il 15%) e far depositare le proteine sul fondo del recipiente. Questi processi favoriscono la conservazione del prodotto, anche senza refrigerazione, e lo rendono più resistente alle alte temperature di cottura. Molto diffuso anche lo yogurt, soprattutto del tipo compatto o dahi, ottenuto per filtrazione, in modo da eliminare l’eccesso di latticello. Lo yogurt viene variamente utilizzato come bevanda (per esempio il lassi è composto da yogurt naturale diluito con acqua e aromatizzato con succo di limone e cumino), nella preparazione di salse (per esempio raita o pachadi composti da yogurt speziato, con coriandolo, cumino, menta, pepe e verdure quali cetrioli o cipolla), come base per diluire le spezie e nell’elaborazione di vari piatti soprattutto nel Nord del Paese. Nel Sud, un alimento di uso praticamente quotidiano è il thayir sadam, ovvero riso e yogurt preparato mescolando lo yogurt con riso bollito semplice o speziato, talora con aggiunta di dal. Il panir è invece un formaggio prodotto nelle regioni settentrionali dell’India.
Verdura e frutta.
Sono presenti numerose varietà di verdure e frutta di diverse origini. È molto utilizzato il mango, consumato in una varietà di modi: fresco, maturo, ma anche acerbo e aspro, con aggiunta di sale e talora di peperoncino o sottoforma di succo o, ancora, nella preparazione dei chutney, oppure secco (a strisce o blocchi) o essiccato e polverizzato da aggiungere alle misture di spezie. Il cocco e il suo latte vengono usati nella preparazione di piatti salati e dolci, o bevande, soprattutto nel Sud.
Spezie ed erbe.
La cucina indiana prevede un intenso uso di spezie, aggiunte praticamente a tutti i tipi di cibi, dalla carne al pesce, ai legumi e cereali, alle verdure, alle bevande e ai dolci. Quelle più diffuse sono cardamomo, chiodi di garofano, coriandolo, cumino, noce moscata, fieno greco, pepe, paprica, peperoncino, senape, tamarindo, turmerico, zafferano e zenzero. Alcune spezie, tra cui noce moscata, macis e chiodi di garofano, venivano importate dall’Indonesia, mentre coriandolo e cumino furono introdotte dall’area del Mediterraneo dai commercianti arabi. Il curry o il garam masala sono miscele di spezie. Quest’ultimo è formato da almeno cinque tipi tra cui prevalgono cardamomo, cannella e chiodi di garofano, nei curry invece sono presenti soprattutto cumino, cardamomo, coriandolo e turmerico, ma anche altre varietà. Il tipo di spezie, la quantità totale e le proporzioni tra i diversi componenti contribuiscono all’aroma e al grado di piccante raggiunto nelle varie preparazioni. Le spezie da amalgamare ai cibi vengono per lo più stemperate in una base liquida, per esempio yogurt, dahi, o latte di cocco o in piccole quantità di olio riscaldato.
Condimenti.
Come già descritto il burro (ghee) è un condimento molto diffuso, ma vengono utilizzati anche vari tipi di prodotti vegetali tra cui l’olio di semi di senape, dal sapore pungente, ad alto contenuto di acido erucico, ritenuto nocivo in altri paesi, gli oli di soia o di girasole, il burro di cocco e margarine vegetali. Un condimento del tutto particolare è il sale nero, un sale grosso non raffinato, estratto da miniere indiane, contenente oltre che cloruro di sodio anche sali di ferro e zolfo che conferiscono ai cibi un sapore particolare. I chutney sono salse dal sapore più o meno dolce e pungente, originari dal Sudest asiatico e molto usate, composte da verdure o frutta tra cui, per esempio, pomodoro, cipolla, aglio o mango (utilizzando i frutti non maturi e quindi dal sapore aspro), lime, pesche, datteri, tamarindo e così via, erbe e spezie tra cui il peperoncino che rende questi prodotti piccanti.
Bevande.
La bevanda di maggior consumo è il tè, spesso assunto con latte speziato e dolcificato; tuttavia anche il caffè presenta una certa diffusione specie nel Sud del continente. Altre bevande rinfrescanti sono a base di latticini (il lassi preparato con lo yogurt o il badam dood, latte speziato con cardamomo), cocco o altra frutta.
Caratteristiche della cucina indiana.
La cucina indiana è molto variegata e le sue caratteristiche sono il risultato di diversi fattori climatici, storici, religiosi e filosofici. Il cibarsi viene considerato come parte integrante dell’esperienza spirituale. L’India è un paese ricco di prodotti naturali. Nella valle dell’Indo si ebbe già 7000 anni prima di Cristo lo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento di bestiame. Il clima ha, da sempre, reso disponibile una varietà di cibi e spezie in diverse aree del Paese. Invasioni di stranieri e contatti commerciali hanno introdotto nella cucina indiana influenze arabe, cinesi, mongole, turche, musulmane, inglesi e portoghesi.
I musulmani (con il periodo Moghul) introdussero per esempio i kebab o specialità quali i biryani e pulao (composti da riso mescolato a carni o verdure speziate) e vari tipi di frutta quali pesche, albicocche, prugne, meloni, agrumi e così via. Nonostante le varianti regionali, i denominatori comuni della cucina sono l’uso del riso, ma anche del pane e dei legumi come alimenti di base, nonché l’arricchimento di sapori e aromi tramite spezie e salse. I metodi di preparazione dei piatti sono molteplici. Oltre alla frittura vengono privilegiate le cotture lente (cibi stufati).
Il termine curry, oltre a indicare una miscela di spezie, significa anche salsa e quindi pure cibi (carne, pesce o verdure) cotti in una base liquida. Nell’India del Sud, specie nel Tamil, vi sono i sambar o i rasam, stufati a base di lenticchie (dal) e varie verdure tra cui carote, okra, zucca, cipolle o pomodori e così via, aromatizzati al tamarindo, coriandolo, turmerico, peperoncino e altre spezie. Nel Nord prevalgono le basi di cottura e le salse che utilizzano latticini (latte, panna o yogurt o formaggio Panir).
Sempre nella regione settentrionale è diffuso il tandoor, un forno particolare rivestito di argilla e interrato, utilizzato per cuocere carni e pani attraverso il calore delle pareti. La parola tali indica un pasto composto da più cibi, condimenti e pani, servito su di un vassoio rotondo di acciaio, spesso inossidabile, (oggi anche in plastica), dai bordi rialzati e suddiviso in settori, su cui vengono appoggiati sia gli alimenti, sia alcune ciotole, sempre metalliche, per i cibi liquidi (zuppe e salse). I chaat sono “fuoripasto”, in genere acquistabili lungo le strade da venditori ambulanti o in alcuni locali, serviti su piccoli piatti metallici o in contenitori di foglie di banana. Componenti tipici sono riso soffiato, puri (pani fritti farciti), samosa (una sorta di pasta salata fritta, dalla forma piramidale, ripiena di patate, cipolla, formaggio Panir, piselli o carne, menta, tamarindo, coriandolo o altre spezie), papdi (una sorta di cracker fritti), patate schiacciate e così via.
Queste preparazioni vengono poi spesso addizionate con cipolla, pomodoro, peperoni, mango fresco o semi di melograno, condite con chutney o yogurt e speziate con il chaat masala che combina, per esempio, zenzero, mango in polvere essiccato, cumino, coriandolo, pepe e sale nero.
A grandi linee, la cucina cinese presenta una storia di sviluppo molto articolata, anche attraverso numerose scuole di cucina distribuite nel vasto Paese, e una grande duttilità nell’utilizzo degli ingredienti, pur escludendo per lo più il latte e i suoi derivati.
La cucina indiana, nel corso della storia, è stata maggiormente condizionata dai precetti delle diverse religioni (indù, buddista, gianseinista, musulmana ecc.) e dai più estesi contatti con altre popolazioni, fino alla colonizzazione inglese e portoghese. Latte e derivati trovano in questa cucina un impiego di lunga tradizione, insieme a un intensivo e molto variegato utilizzo di numerose spezie.
Alimenti base della cucina cinese.
Cereali e legumi. Il riso è un componente fondamentale dell’alimentazione quotidiana. Viene consumato bollito, cotto a vapore o per assorbimento. Sottoforma di farina è utilizzato nella preparazione di spaghetti o vermicelli di rapida cottura, di ravioli, frittelle e altri dolci. Una varietà particolare è il riso glutinoso, così denominato non per la presenza di glutine, ma per la sua particolare consistenza collosa.
Il congee si ottiene facendo bollire il riso in acqua abbondante fino ad avere un prodotto di consistenza molle, una pappa usata spesso per la prima colazione. Il frumento e altri tipi di cereali coltivati soprattutto al Nord del Paese, anche se meno utilizzati del riso, presentano comunque una certa diffusione, specie nella preparazione di pasta o di pani cotti al vapore. La pasta, per lo più spaghetti o vermicelli, disponibile sia fresca sia essiccata, viene preparata con varie tipologie di farine tra cui riso, frumento, grano saraceno, soia e fagioli mungo. Con quest’ultima farina vengono confezionati gli spaghetti cellophane, così chiamati perché diventano trasparenti con la cottura. Riso e pasta, cotti, vengono fritti in poco condimento e mescolati a ingredienti carnei o vegetali nella preparazione di piatti denominati al riso o pasta fritti. I wonton sono un tipo di pasta ripiena (tipo ravioli) con carne, pesce o verdura, cotti nel brodo, a vapore o fritti.
Leggi anche: La cucina vietnamita è una delle più ricercate e particolari nell'ambito delle tradizioni culinarie dell'estremo oriente.Anche i legumi sono parte integrante della cucina e ne vengono utilizzate diverse varietà tra cui soia, lenticchie, ceci, fagioli, piselli e arachidi. Il latte di soia, ottenuto dall’ammollo in acqua e successiva macinazione di questo legume, presenta una composizione simile a quello di origine animale, con il 3,5% di proteine, il 2,9% di carboidrati, ovviamente diversi dal lattosio, e il 2% di grassi. Il tofu o formaggio di soia, è un derivato del latte di soia. La lavorazione della soia pare sia iniziata in Cina già durante la dinastia Han (206 a. C. - 220 d. C. ).
Carne e pesce.
Nella cucina cinese viene utilizzata una grande varietà di prodotti animali anche non convenzionali. Molto diffuso l’impiego del maiale e dei volatili polli e anatre. In genere nulla viene scartato. L’anatra alla pechinese di antica tradizione, risalente alla dinastia Yuan (1271-1368), di origine Mongola, viene considerata il piatto nazionale cinese. La preparazione è complessa in quanto richiede una marinatura in liquidi speziati, prima della cottura. Diffuso il consumo di pesci, molluschi e crostacei anche sottoforma di prodotti essiccati (gamberetti, calamari, acciughe, abalone e così via).
Latte e derivati.
In Cina gli adulti per lo più non bevono latte, anche per una frequente intolleranza al lattosio, né esiste una diffusa produzione di formaggi. Recentemente, però, l’interesse per i latticini sembra essere in aumento sulla scia di tendenze imitative dell’alimentazione occidentale
Verdura e frutta.
Le verdure, consumate per lo più cotte, e tagliate in pezzi con modalità spesso specifiche per ciascun tipo di vegetale, sono parte integrante di molti piatti. Alcuni prodotti tipici sono: germogli di soia, fagioli mungo o bambù, varietà di brassicacee tra cui bok choy o pak choi o brassica chinensis (dal panetto di forma ovoidale, dalle foglie verde scuro brillante con dei costoloni bianchi) e choy sum o brassica rapa, a foglia, fagiolini, funghi di molte varietà tra cui i shiitake, originari del Giappone, radici di loto, castagne d’acqua e yam beans dalla polpa dolciastra e croccante. Molti frutti entrati nell’uso comune presso di noi, sono originari della Cina (agrumi, pesche, albicocche, pere). La giuggiola, detta anche dattero cinese, viene consumata fresca, essiccata, affumicata, sotto spirito oppure utilizzata per la preparazione di infusi e anche di un vino. Altri frutti particolari sono i kumquat (piccoli agrumi), i longan detti anche occhi di drago (di forma sferica, guscio sottile beige, polpa traslucida e molle, quasi trasparente che lascia intravedere il seme centrale nero, da cui il nome) e i litchi, (frutti dalle dimensioni di una noce, guscio esterno rosso e rugoso e polpa acquosa, succulenta). Frequente anche l’uso della frutta essiccata e talora salata.
Leggi anche: La cucina tailandese è la più interessante tra le cucine orientali prediligendo i contrasti tra sapori diversi.Condimenti.
In Cina vengono utilizzati come condimenti molti tipi di oli vegetali (girasole, soia, arachidi, sesamo o mais). Un prodotto tipico è la salsa di soia, ricavata per fermentazione e aggiunta di sale. Ne esistono diverse varietà dal gusto più o meno intenso; quella più chiara è la più frequentemente utilizzata per condire, è piuttosto salata e altera modicamente il colore dei cibi ai quali viene aggiunta. La salsa di soia scura è più densa, invecchiata più a lungo e addizionata con melassa, per cui conferisce ai cibi un sapore lievemente dolce, viene più spesso usata nella cottura. Vengono inoltre preparate miscele delle due varietà in modo da ottenere diverse modulazioni di sapori. La salsa di soia viene aggiunta a zuppe, marinature e cibi salati di tutti i tipi sia in cucina, sia a tavola, secondo il gusto dei commensali. Altri condimenti sono la salsa di ostriche, l’aceto di riso o il vino di Shaoxing dal sapore simile allo sherry secco.
Spezie ed erbe.
La cucina cinese fa un utilizzo moderato-alto di spezie ed erbe. Sono di uso comune soprattutto zenzero, galangal (simile allo zenzero), coriandolo e pepe di Sichuan o sansho, ma non solo. La miscela detta delle cinque spezie include anice stellato, cannella, chiodi di garofano, pepe di Sichuan e semi di finocchio. Nella regione del Sichuan la cucina è particolarmente piccante.
Bevande.
Molto usato il tè, comprese le varietà verdi, non fermentate, e più raramente quelle bianche, preziose, ricavate dai germogli. Il tè viene servito bollente in piccole tazze, in genere senza aggiunta di zucchero. Distributori di acqua bollente sono diffusi in vari ambienti. In Cina sono disponibili vini e birre locali. Negli ultimi 15 anni sono stati piantati numerosi vigneti di origine francese o italiana.
Caratteristiche della cucina cinese. La storia della cucina cinese è estremamente complessa in quanto in essa confluiscono diverse scuole e tradizioni locali. Un’antica classificazione, proposta già ai tempi delle dinastie Qin (221-206 a.C.) e Han (206 a.C.-220 d.C.), e poi progressivamente aggiornata, prevede una distinzione in dieci scuole di stile culinario, che prendono il nome da alcune province cinesi: Shandong, Sichuan, Jiangsu, Guangdong, Hunan, Fujian, Anhui, Zhejiang, Bejing (Pechino) e Shangai. Una sottoclassificazione è quella che distingue anche la cucina imperiale o mandarina, e quella aristocratica o privata. La cucina imperiale, in particolare, si fondava sull’utilizzo di ingredienti selezionati, talora rari e preziosi, sulla varietà e raffinatezza nelle preparazioni, ma anche sulla presentazioni dei cibi, con un numero esorbitante di ricette.
Oggi i menù della cucina imperiale vengono serviti in pochi locali selezionati. Un aspetto della cucina cinese, che è allo stesso tempo unificante e creatore di varietà, è la diffusa preparazione di piatti che combinano il 50% circa di ingredienti amidacei, detti fan, prevalentemente sottoforma di riso o pasta, con un 50% di ingredienti di accompagnamento quali carne, pesce o vegetali, utilizzati da soli o in combinazione; il tutto con aggiunta di aromi e condimenti. Dalle innumerevoli possibili associazioni degli ingredienti di base derivano sia una varietà molto ampia di preparazioni culinarie sia singole preparazioni caratterizzate da una molteplicità di sapori, aromi, forme, consistenze e colori. Per le cotture a vapore (soprattutto dei cereali, delle paste ripiene o dei pani) vengono usati recipienti in metallo dal fondo traforato, anche di grandi dimensioni, che possono essere impilati uno sull’altro e posti su un contenitore finale contenente l’acqua; è certamente un sistema che consente la preparazione di grandi quantità o varietà diverse di cibi. In alternativa si utilizzano contenitori di bambù intrecciato, di più piccole dimensioni, che vengono poi portati direttamente in tavola.
Oggi, specie per la cottura del riso, prevalgono, anche nelle famiglie, le vaporiere elettriche. Un metodo molto usato per la preparazione dei piatti principali è la frittura rapida nel wok, una padella dal fondo sferico che poggia sul fuoco tramite un apposito collare metallico. Carni, pesci e verdure, dopo essere stati tagliati in pezzi, ma anche riso e pasta precotti, vengono fritti nel wok, con poco grasso, mescolandoli di continuo con un’apposita paletta.
La rapidità di cottura è assicurata dalle piccole dimensione del cibo e dall’uso di una fiamma alta. Qualche volta al termine della frittura viene aggiunto mezzo mestolo di liquido che, a contatto con l’ampia superficie rovente del wok, evapora rapidamente rendendo il cibo più morbido o permettendo l’aggiunta di piccole quantità di composti addensanti. La frittura in olio abbondante viene impiegata meno frequentemente specie per pesci o altri cibi cotti interi. Un tipo particolare di preparazione prevede l’uso della hot pot, un contenitore pieno di brodo bollente, mantenuto sempre caldo, in cui vengono cotti dai singoli commensali ingredienti carnei e vegetali già tagliati in bocconi. I coltelli sono presenti solo in cucina, ma devono essere affilati o robusti vista la necessità di tagliare a pezzi, anche piccoli, gli ingredienti, compresa la carne con le ossa. In tavola gli utensili sono bacchette di vario materiale: legno, bambù, plastica.
Quelle in avorio decorato appartengono ormai al passato. Il cucchiaio è in genere a fondo piatto e largo ed è per lo più in ceramica, da usarsi per le zuppe o altri piatti semiliquidi ma anche per quelli solidi. La ceramica ha un più basso potere di conduzione del calore rispetto al metallo ed è quindi molto adatta al consumo di cibi caldi. Ogni pasto prevede l’associazione di diverse portate, per lo più messe in tavola contemporaneamente. Ciascun commensale ha una propria ciotola di riso e un piatto vuoto su cui poggiare il cibo prelevato con le bacchette da piatti comuni, talora posizionati su un vassoio girevole, fissato al centro della tavola, in modo da assicurare a tutti un più facile accesso alle diverse portate. Le zuppe possono essere servite all’inizio (nel Nord) o alla fine del pasto (nel Sud). È diffusa l’abitudine a frequenti “fuoripasto” consumati in qualsiasi ora del giorno; in genere si tratta di piccole porzioni di ravioli ripieni, carne, pasta o riso, mescolati ad altri ingredienti.
Alimenti base della cucina indiana.
Leggi anche: La cucina indiana evoca sapori e colori dell’Asia, aromi ambrati e tradizioni misteriose e antiche.Cereali e legumi.
In India il riso è un componente fondamentale della cucina. Vengono prodotte e utilizzate anche varietà particolari quali il basmati o il patna. Come accompagnamento ai cibi, oltre al riso, viene consumato il pane di frumento o di legumi, spesso non lievitato, cotto su piastra, al forno, o anche per frittura. Il chapati è una sorta di piadina cotta sulla tava o piastra circolare calda, mentre il roti ha le stesse caratteristiche ma è condito con burro e arricchito di semi. Pani fritti, anch’essi molto diffusi, comprendono i parati, i puri e i pappadumi, di farina di ceci. Pani lievitati comuni sono i naan, cotti in forno. I cereali, soprattutto riso e semolino, vengono utilizzati anche nella preparazione di dolci. I legumi (ne esistono più di 50 varietà), piselli, fagioli e lenticchie di vario tipo e colore vengono consumati in abbondanza soprattutto dai vegetariani. Si utilizzano anche le varietà pretrattate (decorticate, con rimozione della cuticola e poi frantumate, di più rapida cottura). I dal sono preparazioni, di uso praticamente quotidiano, a base di legumi interi o più spesso decorticati e frantumati (dal in sanscrito significa “spezzato”), consumate con riso o pane. La procedura è semplice: i legumi bolliti, talora con aggiunta di zenzero, tamarindo e mango immaturo, vengono addizionati con aglio e cipolla e una mistura di spezie e aromi (chiamata tadka o baghaar) composta da cumino, coriandolo, peperoncino o una miscela di spezie (garam masala), stemperate in poco olio caldo.
Carne e pesce.
In India diversi precetti religiosi portano a escludere dall’alimentazione alcuni tipi di carne, tra cui, per esempio, i bovini (per gli indù) o il maiale (per i musulmani) o tutti i tipi di carne (per vegetariani indù, buddisti o giainisti). Il consumo di carne spesso non è proibito in modo specifico, tuttavia è implicito nel concetto indù di ahimsa ovvero di non violenza e rispetto di tutte le forme viventi. Anche gli indù non vegetariani escludono comunque il consumo di carne bovina. Le mucche sono considerate sacre in quanto forniscono latte e derivati, supportano i lavori agricoli e i loro escreti fungono da fertilizzanti e combustibile. La macellazione dei bovini è proibita per legge in alcuni stati (Kerala e Arunachal Pradesh). Il consumo di latte e derivati è comunque ammesso ed è anzi molto diffuso come parte integrante di diverse preparazioni culinarie. Un’alimentazione vegetariana è oggi seguita da circa il 30% della popolazione.
Latte e derivati.
Il ghee è il burro chiarificato tradizionale della cucina indiana. Viene preparato riscaldando il burro fresco in modo da eliminare l’acqua (il burro ne contiene il 15%) e far depositare le proteine sul fondo del recipiente. Questi processi favoriscono la conservazione del prodotto, anche senza refrigerazione, e lo rendono più resistente alle alte temperature di cottura. Molto diffuso anche lo yogurt, soprattutto del tipo compatto o dahi, ottenuto per filtrazione, in modo da eliminare l’eccesso di latticello. Lo yogurt viene variamente utilizzato come bevanda (per esempio il lassi è composto da yogurt naturale diluito con acqua e aromatizzato con succo di limone e cumino), nella preparazione di salse (per esempio raita o pachadi composti da yogurt speziato, con coriandolo, cumino, menta, pepe e verdure quali cetrioli o cipolla), come base per diluire le spezie e nell’elaborazione di vari piatti soprattutto nel Nord del Paese. Nel Sud, un alimento di uso praticamente quotidiano è il thayir sadam, ovvero riso e yogurt preparato mescolando lo yogurt con riso bollito semplice o speziato, talora con aggiunta di dal. Il panir è invece un formaggio prodotto nelle regioni settentrionali dell’India.
Verdura e frutta.
Sono presenti numerose varietà di verdure e frutta di diverse origini. È molto utilizzato il mango, consumato in una varietà di modi: fresco, maturo, ma anche acerbo e aspro, con aggiunta di sale e talora di peperoncino o sottoforma di succo o, ancora, nella preparazione dei chutney, oppure secco (a strisce o blocchi) o essiccato e polverizzato da aggiungere alle misture di spezie. Il cocco e il suo latte vengono usati nella preparazione di piatti salati e dolci, o bevande, soprattutto nel Sud.
Spezie ed erbe.
La cucina indiana prevede un intenso uso di spezie, aggiunte praticamente a tutti i tipi di cibi, dalla carne al pesce, ai legumi e cereali, alle verdure, alle bevande e ai dolci. Quelle più diffuse sono cardamomo, chiodi di garofano, coriandolo, cumino, noce moscata, fieno greco, pepe, paprica, peperoncino, senape, tamarindo, turmerico, zafferano e zenzero. Alcune spezie, tra cui noce moscata, macis e chiodi di garofano, venivano importate dall’Indonesia, mentre coriandolo e cumino furono introdotte dall’area del Mediterraneo dai commercianti arabi. Il curry o il garam masala sono miscele di spezie. Quest’ultimo è formato da almeno cinque tipi tra cui prevalgono cardamomo, cannella e chiodi di garofano, nei curry invece sono presenti soprattutto cumino, cardamomo, coriandolo e turmerico, ma anche altre varietà. Il tipo di spezie, la quantità totale e le proporzioni tra i diversi componenti contribuiscono all’aroma e al grado di piccante raggiunto nelle varie preparazioni. Le spezie da amalgamare ai cibi vengono per lo più stemperate in una base liquida, per esempio yogurt, dahi, o latte di cocco o in piccole quantità di olio riscaldato.
Condimenti.
Come già descritto il burro (ghee) è un condimento molto diffuso, ma vengono utilizzati anche vari tipi di prodotti vegetali tra cui l’olio di semi di senape, dal sapore pungente, ad alto contenuto di acido erucico, ritenuto nocivo in altri paesi, gli oli di soia o di girasole, il burro di cocco e margarine vegetali. Un condimento del tutto particolare è il sale nero, un sale grosso non raffinato, estratto da miniere indiane, contenente oltre che cloruro di sodio anche sali di ferro e zolfo che conferiscono ai cibi un sapore particolare. I chutney sono salse dal sapore più o meno dolce e pungente, originari dal Sudest asiatico e molto usate, composte da verdure o frutta tra cui, per esempio, pomodoro, cipolla, aglio o mango (utilizzando i frutti non maturi e quindi dal sapore aspro), lime, pesche, datteri, tamarindo e così via, erbe e spezie tra cui il peperoncino che rende questi prodotti piccanti.
Bevande.
La bevanda di maggior consumo è il tè, spesso assunto con latte speziato e dolcificato; tuttavia anche il caffè presenta una certa diffusione specie nel Sud del continente. Altre bevande rinfrescanti sono a base di latticini (il lassi preparato con lo yogurt o il badam dood, latte speziato con cardamomo), cocco o altra frutta.
Caratteristiche della cucina indiana.
La cucina indiana è molto variegata e le sue caratteristiche sono il risultato di diversi fattori climatici, storici, religiosi e filosofici. Il cibarsi viene considerato come parte integrante dell’esperienza spirituale. L’India è un paese ricco di prodotti naturali. Nella valle dell’Indo si ebbe già 7000 anni prima di Cristo lo sviluppo dell’agricoltura e dell’allevamento di bestiame. Il clima ha, da sempre, reso disponibile una varietà di cibi e spezie in diverse aree del Paese. Invasioni di stranieri e contatti commerciali hanno introdotto nella cucina indiana influenze arabe, cinesi, mongole, turche, musulmane, inglesi e portoghesi.
I musulmani (con il periodo Moghul) introdussero per esempio i kebab o specialità quali i biryani e pulao (composti da riso mescolato a carni o verdure speziate) e vari tipi di frutta quali pesche, albicocche, prugne, meloni, agrumi e così via. Nonostante le varianti regionali, i denominatori comuni della cucina sono l’uso del riso, ma anche del pane e dei legumi come alimenti di base, nonché l’arricchimento di sapori e aromi tramite spezie e salse. I metodi di preparazione dei piatti sono molteplici. Oltre alla frittura vengono privilegiate le cotture lente (cibi stufati).
Il termine curry, oltre a indicare una miscela di spezie, significa anche salsa e quindi pure cibi (carne, pesce o verdure) cotti in una base liquida. Nell’India del Sud, specie nel Tamil, vi sono i sambar o i rasam, stufati a base di lenticchie (dal) e varie verdure tra cui carote, okra, zucca, cipolle o pomodori e così via, aromatizzati al tamarindo, coriandolo, turmerico, peperoncino e altre spezie. Nel Nord prevalgono le basi di cottura e le salse che utilizzano latticini (latte, panna o yogurt o formaggio Panir).
Sempre nella regione settentrionale è diffuso il tandoor, un forno particolare rivestito di argilla e interrato, utilizzato per cuocere carni e pani attraverso il calore delle pareti. La parola tali indica un pasto composto da più cibi, condimenti e pani, servito su di un vassoio rotondo di acciaio, spesso inossidabile, (oggi anche in plastica), dai bordi rialzati e suddiviso in settori, su cui vengono appoggiati sia gli alimenti, sia alcune ciotole, sempre metalliche, per i cibi liquidi (zuppe e salse). I chaat sono “fuoripasto”, in genere acquistabili lungo le strade da venditori ambulanti o in alcuni locali, serviti su piccoli piatti metallici o in contenitori di foglie di banana. Componenti tipici sono riso soffiato, puri (pani fritti farciti), samosa (una sorta di pasta salata fritta, dalla forma piramidale, ripiena di patate, cipolla, formaggio Panir, piselli o carne, menta, tamarindo, coriandolo o altre spezie), papdi (una sorta di cracker fritti), patate schiacciate e così via.
Queste preparazioni vengono poi spesso addizionate con cipolla, pomodoro, peperoni, mango fresco o semi di melograno, condite con chutney o yogurt e speziate con il chaat masala che combina, per esempio, zenzero, mango in polvere essiccato, cumino, coriandolo, pepe e sale nero.
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