Una pietanza che farà letteralmente impazzire gli estimatori di crostacei
Ingredienti: per 6 persone
700 g di gamberi di acqua dolce
3 spicchi di aglio
2 cucchiai di erbe aromatiche fresche tritate (prezzemolo, basilico, maggiorana)
2 dl di vino bianco secco
paprica
1 dl di olio extravergine di oliva
sale
fette di polenta per accompagnare
Preparazione: 20’ + 20’ di cottura
- Lavate accuratamente i gamberi sotto l’acqua fredda corrente, senza sgusciarli, poi asciugateli bene con carta assorbente da cucina.
- Scaldate l’olio in un tegame e fate soffriggere gli spicchi di aglio, sbucciati e leggermente schiacciati, fino a quando saranno dorati.
- Eliminate l’aglio e aggiungete i gamberi e le erbe aromatiche tritate, mescolate per insaporire, quindi bagnate con il vino.
- Fatelo evaporare a fiamma alta, regolate di sale e insaporite con una presa di paprica.
- Coprite il recipiente e fate cuocere a fiamma media per circa 10 minuti.
- Servite i gamberi ancora caldi con fette di polenta grigliate.
Vino consigliato: Il sapore pieno e dolce dei gamberi richiede vini bianchi abboccati, come il Verduzzo Aquileia o l’Orvieto abboccato.
C'è un documento eccezionale dell'epoca etrusca che testimonia la presenza del vino nella vita quotidiana, nella religione e nei riti di questo popolo: è la rappresentazione del banchetto funebre affrescato nella tomba Golini I, detta anche dei Velii. La tomba è ubicata sul Poggio del Roccolo davanti alla rupe orvietana mentre l'affresco originale, che vi consigliamo vivamente di visitare, è conservato al Museo Archeologico Nazionale in Piazza del Duomo. Nella metà di sinistra sono raffigurate le fasi preparatorie del banchetto, dalla macellazione delle carni fino alla loro cottura nel forno, alla predisposizione sui tavoli, da parte dei servi, delle bevande e dei cibi, tra cui si riconoscono bene dei grappoli d'uva. Nella metà di destra è dipinto invece il convivio vero e proprio, presenziato da Ade e Persefone e illuminato da candelabri, con i banchettanti distesi su klinai e allietati da suonatori di tibia e di cetra. Un demone femminile alato, raffigurato sulla parete d'ingresso, accompagna il defunto sopra una biga nell'oltretomba. Nella rappresentazione del banchetto, consumato sullo sfondo di una dispensa aperta, con carni appese e anfore di vini, oltre ai parenti dei Velii e agli dei dell'Averno è rappresentata la figura di un giovanetto che, con fare attento, strizza dei grappoli d'uva con le mani per farne vino. Ulteriore testimonianza di quanto l'Orvieto etrusca sia stata strettamente legata alla produzione vinicola, è poi la grande quantità di contenitori per il vino rinvenuti nella necropoli orvietana: stamnoi, krateres, skyphoi, kantharoi, kilikes, oinokoai che potrete ammirare nei due splendidi musei archeologici della città, il già menzionato Museo Archeologico Nazionale e il Museo "Claudio Faina", anch'esso in Piazza del Duomo.
Gli Etruschi facevano del vino un commercio fiorente, con avventurose spedizioni verso il Nord Europa; altrettanto i Romani che, nel periodo del loro dominio sulla città, lo inviavano a Roma attraverso il porto fluviale di Palianum dove, in epoca recente, sono state ritrovate numerose anfore vinarie.
Se ti è piaciuta la ricetta , iscriviti al feed cliccando sulla maglietta per tenerti sempre aggiornato sui nuovi contenuti del blog:
Trovato questo articolo interessante? Condividilo sulla tua rete di contatti Twitter o sulla tua bacheca su Facebook. Diffondere contenuti che trovi rilevanti aiuta questo blog a crescere. Grazie! CONDIVIDI SU!
0 commenti :
Posta un commento