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I vini ed i vitigni piú famosi d'Italia: nona puntata.

Pubblicato da Maria Susana Diaz il 26/01/2012 | 12:38

Nell’Ottocento, prima che la filossera e altre malattie (molte delle quali provienienti dall’America) si concentrassero con la loro potenza distruttrice sui vigneti italiani, nel nostro paese, c’erano migliaia di vitigni, a volte diversi da villaggio a villaggio, ognuno con particolarità e specifiche caratteristiche. Questa ricchezza di vitigni autoctoni, dopo l'avvento della filossera e con il passare degli anni, si è poi fortemente ridimensionata.

In molte aree d’Italia, c’è stato poi il periodo contrassegnato dall’impianto di vitigni molto produttivi, anche se scarsi sul fronte della qualità.

Negli ultimi 30 anni, aiutata anche dal passaggio della viticoltura (da promiscua a specializzata), nasce la moda a riconvertire questo "status quo" (da varietà di bassa qualità a varietà pregiate). Sono, quindi, arrivati i vitigni cosiddetti internazionali (in larga parte, già presenti nell’Ottocento nei vigneti italiani). In Italia, comunque, il numero dei vitigni resta ancora davvero molto alto, il più elevato al mondo. Ecco un piccolo elenco di 50 e più vini e vitigni d’Italia.

NERELLO MASCALESE.


Vitigno siciliano di pregio. Il suo luogo d'origine sembra sia la piana di Mascali (CT) dov'è tutt'ora largamente coltivato.  Il suo nome è dovuto al fatto che da secoli viene coltivato nella zona della Contea di Mascali su dei terreni costituiti, per gran parte, da sabbie vulcaniche. E' molto diffuso in Sicilia. I suoi grappoli sono grandi, allungati e conici con una o piu' ali, di aspetto compatto.

I suoi acini sono medi, quasi ellissoidali con buccia spessa e consistente di color blu chiaro, ricca di pruina. Ha vigoria notevole e produttività abbondante ma incostante. Matura a fine settembre o inizio ottobre.

Il nerello mascalese, infatti, come altri vitigni nobili (nebbiolo, pinot nero), ha una notevole sensibilità all'annata ed al territorio di provenienza.

NERO D’AVOLA.


Il Nero d'Avola è un vino rosso prodotto in tutto il territorio della Sicilia, dall'omonimo vitigno.

Conosciuto in Sicilia come base del Cerasuolo che di altri vini da tavola. E’ il miglior vitigno dell’isola che dà un vino strutturato, dai sapori e profumi intensi, adatto al lungo invecchiamento.

La sua commercializzazione su scala industriale risale agli inizi degli anni sessanta del secolo scorso. Fino ad allora era considerato un vino da taglio, data la sua elevata gradazione alcolica, che raggiunge facilmente i 15 gradi.

Soltanto agli inizi del decennio 1960, alcune aziende enologiche siciliane decisero di farne un vino da tavola con nuove tecniche di vinificazione più rispondenti alle esigenze del mercato che prevedevano una diminuzione del grado zuccherino ed un aumento dell'acidità. Da allora è coltivato anche fuori dalla Sicilia e dall'Italia, per esempio in California e in Australia. I produttori siciliani che imbottigliano nero d'Avola, nelle sue varie tipologie, sono circa cinquecento.
La zona più vocata per il nero d'Avola è la parte più bassa della Sicilia compresa nei territori di Noto e Pachino, con le contrade di Buonivini, Bufalefi, Maccari, Archi, Burgio. In questa zona negli ultimi dieci anni si è avuto un vero boom di nuove imprese, provenienti anche da fuori Sicilia, che hanno investito nell'impianto di nuovi vigneti, preferibilmente allevati a controspalliera o con il tradizionale alberello, più costoso e meno produttivo, ma con rese qualitativamente superiori dal punto di vista organolettico e del potenziale d'invecchiamento.

NOSIOLA.


Il Nosiola è un vitigno coltivato particolarmente nella zona di Toblino e della Valle dei Laghi, dove si ritiene sia autoctono, coltivato su terrazzi chiamati "frate‘", e di Lavis, in provincia di Trento.

È il vitigno impiegato anche nella produzione del Vino Santo Trentino o Trentino Vin Santo, facendo appassire uva Nosiola su graticci di canne.

Caratteristiche del vitigno:
foglia medio-piccola, grappolo medio, cilindrico allungato, alato, compatto - acino medio, sferoidale, la buccia è pruinosa, sottile, consistente, di colore giallo verdastro.

Maturazione: medio-tardiva

Vigoria: media

Caratteristiche del vino: vino bianco, chiaro, gradevole, profumato, con una punta di amarognolo, un poco sapido, poco acido.

Di facile e gradevole bevita, anche sfuso.

Di colore giallo, a volte molto intenso e tendente al verde, ha un gusto piacevolmente fresco, fruttato e leggermente aromatico.

PICOLIT.


Il Picolit (pronuncia corretta picolìt, dall'omonima voce in lingua friulana, che indica le ridotte dimensioni del peduncolo, pecol o picol) è un vitigno a bacca bianca autoctono del Friuli conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo.
La particolarità di questo vitigno sta nel fatto che a causa di un difetto di impollinazione, sui grappoli si sviluppano pochi acini. La scarsa quantità di chicchi su ogni grappolo fa sì che a maturazione raggiunta diventino particolarmente dolci. La successiva vinificazione dà luogo ad un vino dalla spiccata dolcezza che può essere anche affinato in barrique.

Originario del Friuli, ha dato per lungo tempo il più pregiato vino da dessert d’Italia. Sta risorgendo a nuova vita.

PIGNOLETTO.


E' un vitigno bianco dei Colli Bolognesi. Produce vini bianchi frizzanti dallo stesso nome.

Le analisi del DNA hanno recentemente rivelato che il Pignoletto ha caratteri genetici sostanzialmente identici al Grechetto di Todi: in precedenza veniva ritenuto una variante del Pinot Bianco o del Riesling Italico.

Il grappolo, di medie dimensioni, ha acini medio-grandi, di forma ovale, ricchi di pruina, con buccia spessa, di colore giallastro tendente al verde. Di produttività non elevata ma costante, si vendemmia a fine settembre o a inizio ottobre.

Molti attribuiscono il nome ad un vino chiamato "Pino Lieto", che sarebbe stato descritto, da Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) nella sua Naturalis Historia, come "non dolce abbastanza per essere buono" e quindi non particolarmente apprezzato dagli antichi romani che amavano il vino molto dolce, tuttavia non sembra esserci alcun riscontro di tale dizione nell'opera del poeta latino.

Per altri deriva dalla tipica forma dell’acino, simile ad una piccola pigna.

Vincenzo Tanara, nel suo trattato "Economia del Cittadino in Villa" del 1674, fa cenno ad "Uve Pignole", coltivate nelle colline della provincia bolognese, ritenendole poco adatte alla produzione di vino.


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A proposito di: Maria Susana Diaz

Ho deciso di aprire questo blog, per condividere insieme ad altre persone la passione che ho per la cucina, da qui il titolo del blog, non mancheranno ricette classiche, rivisitate, personali e cercherò di spaziare il più possibile. Le ricette che troverete rispecchiano il mio quotidiano, spero di riuscire per quanto sia la mia modesta esperienza di poter esservi utile nei miei consigli, perchè qualunque cosa decidiate di fare, la cucina richiede tempo, amore e passione.

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