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Parlare di cucina napoletana sembra quasi un magnifico salto nel patrimonio culinario e culturale dell’Italia.

Pubblicato da Maria Susana Diaz il 10/09/2013 | 13:36

Parlare di cucina napoletana, oggi, in un contesto culturale che mescola gusti e sapori in un’incredibile varietà di sfumature che sfuggono alla precisa caratterizzazione geografica, sembra quasi un magnifico salto nel patrimonio culinario e culturale dell’Italia.

Perché questo è la cucina napoletana: uno prezioso scrigno che conserva ancora tesori del gusto che rinnovano la loro bellezza ad ogni assaggio, ad ogni rituale rapporto con il cibo.

Ad un visitatore che si trova tra i vicoli di Napoli o di un qualunque quartiere, non sfugge certo quel particolare rapporto con il cibo che si ha in tutto il meridione d’Italia: la gioia di assaporare il gusto di qualcosa fuori dal tempo, che lega tutti i sensi nello stesso momento, oggi come sempre.

GE free PASTA by Alio's restuarant, Sydney, Australia, 16 December 2003 (c) Greenpeace/Thomas 2003 NOT FOR ARCHIVE OR RESALE

Il perfetto equilibrio che lega alimenti semplici e gusti complessi rinnova nel rito del mangiare quella sacralità del cibo che molte culture conservano nel loro patrimonio.

Capitale di un importantissimo regno, Napoli ha assorbito nel tempo le tradizioni culinarie di tutta la Campania, ma anche quelle dei dominatori francesi e spagnoli, combinandole con la cucina aristocratica e quella povera della tradizione contadina.

Il risultato di questi incontri ha portato il medico americano Angel Keys, nella seconda metà del secolo scorso, a trovare proprio nella dieta “povera” dell’Italia meridionale alcuni principi della corretta alimentazione, quelli che noi tutti possiamo ora ritrovare nella dieta mediterranea (le ricerche di Keys sono state condotte proprio in Campania, in particolare tra la popolazione del Cilento).

Pizza rossa integrale

Si farebbe un torto se non si riconoscesse all’estro dei napoletani quel tocco in più che esalta il gusto di molti piatti tipici; basti pensare che la ricetta del noto ragù napoletano, felice connubio di pomodoro, cipolle, basilico, vino e carne di diverso tipo, il tutto cotto per ore, varia nella stessa città di Napoli di quartiere in quartiere.

Certamente possiamo trovare in molti ingredienti alcuni capisaldi della tradizione culinaria napoletana. L’olio extra vergine d’oliva, ad esempio, è un ingrediente fondamentale per esaltare molti piatti preparati con cura artigianale, come la pizza napoletana, prodotto tradizionale riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

Un altro protagonista è certamente il pomodoro, sia il noto San Marzano che i pomodorini del Vesuvio, preziosi alleati che esaltano ragù (dal francese ragout, termine con il quale si indica una cottura lunga “in umido” di carne o altro), pizza ed altre preparazioni.

Nel 1700, Gragnano, noto comune del napoletano, diventa uno dei più importanti centri italiani per la produzione di pasta di semola di grano duro; qui i maccaroni, nome con cui si era soliti indicare diversi formati di pasta, vengono prodotti con nuovi macchinari industriali ed esportati in tutto il mondo. Oggi come allora, la pasta di semola di grano duro di Gragnano, trafilata al bronzo e realizzata con metodi antichi, si presta a numerose ricette tipiche napoletane, dai paccheri al ragù napoletano alla pasta e fagioli con le cozze, dagli scialatielli alla pescatora ai vermicelli alla vesuviana.

Se fossimo alla tavola di un ospite napoletano, avremmo poco potere nel decidere di fermarci solo alla degustazione del primo; l’ospitalità a Napoli, così come in molti luoghi del meridione italiano, è sacra. Perciò ancora qualche sacrificio e gustiamoci le polpette al sugo, la parmigiana di melanzane, il coniglio all’ischitana, le salsicce al pomodoro, le seppie ripiene alla pescatora, il tutto accompagnato con melanzane a funghetto, caponata di pomodori, peperoncini verdi fritti o friarelli.

Possiamo concederci un po’ di libertà nella degustazione dei vini, scegliendo tra i rossi Lacrima Cristi del Vesuvio, Aglianico e Taurasi, o tra i bianchi Greco di Tufo, Fiano d’Avellino o Falanghina.

Dopo i tipici dolci della tradizione napoletana, babà, pastiera e sfogliatelle, arriva il meritato sollievo con un ottimo caffè, sia quello preparato in casa con la tipica caffettiera napoletana che quello da bar preparato secondo una modalità unica, e con un ottimo bicchierino di limoncello.

Chi decide di visitare la città ed immergersi nei caratteristici vicoli del centro storico può deliziarsi con i succulenti prodotti di friggitoria, dalle paste cresciute alla pizza fritta, dai crocchè di patate alle melanzane fritte, oppure deliziarsi con la zuppa ‘e carnacotta preparata nelle botteghe dei carnacuttari.

Un posto a parte, in un’ipotetica classifica dei migliori prodotti della tradizione culinaria napoletana, spetta di sicuro alla mozzarella di bufala campana che, come recita il disciplinare, è prodotta esclusivamente con latte di bufala, a differenza di altri prodotti simili che contengono una percentuale di latte di mucca (mozzarella di bufala” e “mozzarella con latte di bufala”).

Nella stessa classifica andrebbero inoltre aggiunti gli spaghetti alle vongole ed il capitone fritto, piatti tipici della vigilia di Natale, zucchini alla scapece, le alici dorate e fritte, il sartù di riso, la frittata di maccheroni, i cicenielli (bianchetti) in pastella.

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A proposito di: Maria Susana Diaz

Ho deciso di aprire questo blog, per condividere insieme ad altre persone la passione che ho per la cucina, da qui il titolo del blog, non mancheranno ricette classiche, rivisitate, personali e cercherò di spaziare il più possibile. Le ricette che troverete rispecchiano il mio quotidiano, spero di riuscire per quanto sia la mia modesta esperienza di poter esservi utile nei miei consigli, perchè qualunque cosa decidiate di fare, la cucina richiede tempo, amore e passione.

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