Ingredienti: per 4 persone
2 fette di zampone cotto e senza cotenna
500 g di cotenna di maiale
Aceto Balsamico di Modena stravecchio
100 g di lenticchie lessate
buccia d’arancia
1 l di brodo vegetale
Per la salsa al purè:
2 patate bollite
olio extravergine di oliva
Per la salsa al pomodoro:
1 mazzetto di prezzemolo
1/2 spicchio di aglio
1/2 uovo sodo
10 g di capperi sotto sale
10 g di acciughe sott’olio
2 cucchiai di aceto di vino bianco
olio extravergine di oliva
sale
pepe
Per completare:
scorze di limone candito
grissini al Parmigiano Reggiano
Preparazione:
- Dalle fette di zampone ricavate 4 parallelepipedi piccoli (circa 3 x 1 cm) e marinateli con aceto balsamico per 2 ore.
- Fiammeggiate la cotenna per eliminare tutti i peli residui e cuocetela nel brodo vegetale.
- Scolatela e tagliatela a rettangoli di 6 x 12 cm, sovrapponete i rettangoli, avvolgetela con pellicola trasparente e riponetela in frigorifero tenendola sotto un peso per 4 ore.
- Affettatela, dalla parte dello spessore del parallelepipedo, ottenendo 4 fettine sottili.
- Preparate la salsa al purè: schiacciate le patate, conditele con poco olio e unite la quantità di brodo necessaria a rendere la crema morbida; frullate e setacciate il tutto.
- Per la salsa al prezzemolo: tritate il prezzemolo, schiacciate l’aglio e l’uovo sodo, dissalate e sminuzzate i capperi e le acciughe.
- Unite il tutto e condite con aceto e olio quanto basta per ottenere una salsa omogenea, infine aggiustate di sale e pepe.
- Avvolgete ciascun pezzo di zampone in una fettina di cotenna, inserendo all’interno del rollè anche delle lenticchie lessate e della scorza di arancia grattugiata; adagiate i rollè su carta da forno e cuocete in forno a 220 °C per 3 minuti.
- Ponete sul fondo di 4 cucchiai di porcellana la salsa al purè, il rollè, una goccia di salsa al prezzemolo e una di aceto balsamico; sopra lo zampone adagiate una scorzetta di limone candito e a lato il grissino al Parmigiano Reggiano.
Vino consigliato: Bonarda dei Colli Piacentini.
Vino, e vitigno, molto antico, menzionato già nel Medioevo, il Bonarda è una delle espressioni più tipiche del terroir emiliano-lombardo. Il vitigno Croatina, chiamato Bonarda nella zona dei colli piacentini, è originario dell'Oltrepò Pavese, probabilmente di Rovescala, piccolo borgo della val Versa, ma si è largamente diffuso – non solo in provincia di Pavia, ma anche nel Piacentino, in Piemonte e persino in Veneto – per la sua alta resistenza all'oidio, una malattia della vite nota anche come ‘mal bianco’. È l'Ottocento il secolo nel quale si registra un incremento degli impianti e dell'attenzione riservata al vitigno; se ne occupano fior fior di ampelografi: nel 1875 Pierpaolo Demaria e Carlo Leardi nell'opera L'ampelografia della provincia di Alessandria, nel 1877 il conte Giuseppe di Rovasenda, nel suo Saggio di una ampelografia universale, e più tardi, nel 1906, Girolamo Molon. La svolta arriva con l'inserimento del vino nella doc Colli Piacentini, istituita nel 1967, e con il conseguente impegno dei viticoltori che, soprattutto fra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, si dedicano alla valorizzazione di un vitigno dalle grandi potenzialità: un vitigno che ha dato vita nel tempo a un vino di grande beva, moderno, molto apprezzato dal pubblico e per questo molto popolare fra intenditori e semplici appassionati.
Zona di produzione
Le uve destinate alla produzione di Bonarda si coltivano in provincia di Piacenza, nell’intero territorio dei comuni di Caminata, Nibbiano, Pianello Val Tidone, Piozzano e Ziano Piacentino, e in parte nei comuni di Agazzano, Alseno, Bettola, Bobbio, Borgonovo Val Tidone, Carpaneto Piacentino, Castell’Arquato, Castel San Giovanni, Coli, Gazzola, Gropparello, Lugagnano Val d’Arda, Pecorara, Ponte dell’Olio, Rivergaro, San Giorgio Piacentino, Travo, Vernasca e Vigolzone.
Vitigni e caratteristiche organolettiche.
Il Colli Piacentini Bonarda doc si ottiene, per almeno l'85% – anche se solitamente si vinifica in purezza – dal corrispondente vitigno, ossia la Croatina; possono concorrere altri vitigni, con bacca di analogo colore, purché non aromatici e idonei alla coltivazione in Emilia Romagna. Il Bonarda, che regge bene anche un certo invecchiamento, è un vino di colore rosso rubino, con un profumo caratteristico di frutti a bacche rosse e un sapore che può variare dal secco all'abboccato, dall'amabile al dolce, sempre fresco e leggermente tannico. La versione frizzante non presenta differenze organolettiche rispetto al fermo, nemmeno nella gradazione alcolica minima prevista dal disciplinare: 11,5% per entrambe le tipologie.
Accostamenti a tavola.
Il Bonarda è un vino da tutto pasto, particolarmente adatto per accompagnare, se secco, paste al ragù, carni rosse come arrosti, brasati, carni stufate e con intingoli, selvaggina da penna – da provare con il fagiano alla melagrana –, salumi e formaggi saporiti, se dolce, invece, pasticceria secca e da forno. Il frizzante è particolarmente indicato per risotti e minestre, dolce è ottimo con le fragole. Si serve a una temperatura intorno ai 18° C – il frizzante anche fresco di cantina, intorno ai 12°-14° C – facendolo prima ossigenare per un paio d'ore.
Curiosità.
Il vitigno Croatina è conosciuto in verità con molti nomi, anzi sinonimi: Croata, Croattina, Cravattina, Crovettino, Crostino, Crovalmo, Cravattino, Neretto e Uva Vermiglia, oltre al piacentino Bonarda, evidentemente legato al vino che se ne ricava. Molti di questi sinonimi rendono conto di quella che è la probabile origine del nome Croatina, che deriverebbe da croatta, termine che significa ‘cravatta’. Il riferimento alla cravatta starebbe a indicare che il vino ricavato da questo vitigno era talmente buono che si beveva solo nei giorni di festa, quelli, appunto, in cui si metteva la cravatta.
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