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Le stelle Michelin via hanno stufato? Ecco che cosa mi ha fatto riflettere su quello che la Michelin rappresenta veramente.

Pubblicato da Maria Susana Diaz il 27/06/2013 | 18:12

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Ecco la nuova Guida Rossa della Michelin. Però aspettate un attimo, non smettete di leggere. Quest’anno il solito, prevedibile appuntamento, mi ha fatto riflettere su quello che la Michelin rappresenta veramente.

Ed è un fenomeno che forse interessa tutti noi, anche quelli che delle stelle se ne fanno un baffo. Se fosse per le stelle, la guida Michelin avrebbe smesso di esistere da tempo. Il ragionamento è semplice: quanti viaggiatori, per lavoro o per diletto, si fermano solo in locali che, acchiappata la mitica stella, fanno lievitare il conto fino a 70, 80, 120 euro? Ben pochi, crediamo. I prezzi non popolari sono infatti uno degli effetti indesiderati della stella, per non parlare delle due e tre stelle (anche se esistono eccezioni, tra le quali il “nostro” Davide Oldani, che continua a proporre il menu a pranzo a 12 euro).

No, il successo che dal 1957 la Guida Rossa incontra in Italia non è dovuto alla minoranza rumorosa degli chef superstar, ma a quel nutritissimo gruppone di indirizzi (circa un terzo di quelli selezionati) che offrono un menu completo a meno di 25 euro, e ai Bib Gourmand (quest’anno sono 277) che con meno di 30 euro promettono un menu regionale di alta qualità. Eppure, della Rossa ogni anno si parla quasi esclusivamente a causa delle stelle. Chi le ha avute (Enrico Crippa del Piazza Duomo di Alba ha appena raggiunto l’empireo delle tre stelle), chi le ha perse (Al Sorriso di Soriso è sceso da tre a due). Discorsi molto gossip e poco gastronomici.
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Quest’anno però una novità c’è. È quella che si potrebbe definire questione generazionale: la carica dei giovani. Circa metà dei cuochi a cui è stata assegnata la prima stella ha un’età inferiore ai 35 anni e quattro di questi sono tra i 26 e i 30 appena compiuti. Il più giovane stellato d’Italia si chiama Lorenzo Cogo (La Cucina Italiana l’ha segnalato già nel giugno dello scorso anno) e a giudicare dal curriculum ha vissuto molti più anni dei 26 che dichiara: lavora con i migliori, da Mark Best del Marque Restaurant a Heston Blumenthal del Fat Duck, a Renè Redzepi del Noma e quando torna in Italia apre a Marano Vicentino il suo ristorante, El Coq, dove fin dagli arredi bianchi ed essenziali si respira aria fresca. Sono giovanissimi e lavorano in Veneto anche Ivano Mestriner e Piergiorgio Siviero.
  
Il primo è lo chef del La Corte, ristorante dell’hotel Villa Abbazia di Follina. I suoi menu sono improntati a una grande semplicità, al limite della frugalità, e dialogano stretto con il territorio, soprattutto con la laguna. Siviero invece è l’ultima espressione di una famiglia che è presente nella provincia di Padova da quasi un secolo, festeggiato fin nel nome del ristorante, il Lazzaro 1915 di Pontelongo. La sua proposta è più raffinata, ma si accompagna a una sorpresa: un menu che parte da 18 euro (e speriamo che di lì non si muova, stella permettendo). Largo ai giovani, dunque, e alle loro idee sulla cucina italiana, che per fortuna sono spesso ispirate al recupero della tradizione, alla regionalità, all’utilizzo di prodotti di vera qualità. Leggendo le loro biografie poi, si capisce che per quanto giovane, nessuno di loro si è improvvisato chef: hanno tutti alle spalle una solida scuola, e anche chi viene da un famiglia di ristoratori non si è sottratto al confronto con i grandi chef internazionali.

È forse pensando proprio a questo, alla formazione, che Michelin Italia quest’anno ha deciso di presentare la Guida Rossa all’interno di una scuola alberghiera, l’Istituto Carlo Porta di Milano. Chi era lì è stato accolto da una schiera di ragazzi in divisa da chef, sommelier, cameriere, e si sono mescolati ai 30 chef neostellati in un vero happening di toque e giacche bianche. Per i più giovani è stato come aprire una finestra su un possibile futuro e per tutti i presenti (ve l’assicuro, senza retorica) è stata una vera emozione. Tanto più per me. Perché proprio al Carlo Porta, come allievi o come insegnanti, sono legati molti collaboratori de La Cucina Italiana, a partire dal nostro consulente gastronomico Walter Pedrazzi, e poi Fabio Zago, Sergio Barzetti, il “principe” dei sommelier Giuseppe Vaccarini.

E perché domani, da quella schiera di ragazzi, potrebbero arrivare nuovi chef anche nelle nostre cucine. Oppure (come è accaduto) nuove stelle Michelin. Personalmente, qualunque scelta facciano, sarei felice che uscissero persone appassionate, che vedono nella ristorazione, nella pasticceria, nell’arte della sommellerie, un’occasione di realizzazione professionale e di crescita personale. In Italia, paese turistico per eccellenza, ci sarà sempre più domanda di bravi camerieri (professione difficile e remunerativa) e di bravi cuochi. Che sappiano, nel caso, offrire eccellenti menu sotto i 25 euro.
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A proposito di: Maria Susana Diaz

Ho deciso di aprire questo blog, per condividere insieme ad altre persone la passione che ho per la cucina, da qui il titolo del blog, non mancheranno ricette classiche, rivisitate, personali e cercherò di spaziare il più possibile. Le ricette che troverete rispecchiano il mio quotidiano, spero di riuscire per quanto sia la mia modesta esperienza di poter esservi utile nei miei consigli, perchè qualunque cosa decidiate di fare, la cucina richiede tempo, amore e passione.

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