Ecco la nuova Guida Rossa della Michelin. Però aspettate un attimo, non smettete di leggere. Quest’anno il solito, prevedibile appuntamento, mi ha fatto riflettere su quello che la Michelin rappresenta veramente.
Ed è un fenomeno che forse interessa tutti noi, anche quelli che delle stelle se ne fanno un baffo. Se fosse per le stelle, la guida Michelin avrebbe smesso di esistere da tempo. Il ragionamento è semplice: quanti viaggiatori, per lavoro o per diletto, si fermano solo in locali che, acchiappata la mitica stella, fanno lievitare il conto fino a 70, 80, 120 euro? Ben pochi, crediamo. I prezzi non popolari sono infatti uno degli effetti indesiderati della stella, per non parlare delle due e tre stelle (anche se esistono eccezioni, tra le quali il “nostro” Davide Oldani, che continua a proporre il menu a pranzo a 12 euro).
No, il successo che dal 1957 la Guida Rossa incontra in Italia non è dovuto alla minoranza rumorosa degli chef superstar, ma a quel nutritissimo gruppone di indirizzi (circa un terzo di quelli selezionati) che offrono un menu completo a meno di 25 euro, e ai Bib Gourmand (quest’anno sono 277) che con meno di 30 euro promettono un menu regionale di alta qualità. Eppure, della Rossa ogni anno si parla quasi esclusivamente a causa delle stelle. Chi le ha avute (Enrico Crippa del Piazza Duomo di Alba ha appena raggiunto l’empireo delle tre stelle), chi le ha perse (Al Sorriso di Soriso è sceso da tre a due). Discorsi molto gossip e poco gastronomici.
Quest’anno però una novità c’è. È quella che si potrebbe definire questione generazionale: la carica dei giovani. Circa metà dei cuochi a cui è stata assegnata la prima stella ha un’età inferiore ai 35 anni e quattro di questi sono tra i 26 e i 30 appena compiuti. Il più giovane stellato d’Italia si chiama Lorenzo Cogo (La Cucina Italiana l’ha segnalato già nel giugno dello scorso anno) e a giudicare dal curriculum ha vissuto molti più anni dei 26 che dichiara: lavora con i migliori, da Mark Best del Marque Restaurant a Heston Blumenthal del Fat Duck, a Renè Redzepi del Noma e quando torna in Italia apre a Marano Vicentino il suo ristorante, El Coq, dove fin dagli arredi bianchi ed essenziali si respira aria fresca. Sono giovanissimi e lavorano in Veneto anche Ivano Mestriner e Piergiorgio Siviero.
È forse pensando proprio a questo, alla formazione, che Michelin Italia quest’anno ha deciso di presentare la Guida Rossa all’interno di una scuola alberghiera, l’Istituto Carlo Porta di Milano. Chi era lì è stato accolto da una schiera di ragazzi in divisa da chef, sommelier, cameriere, e si sono mescolati ai 30 chef neostellati in un vero happening di toque e giacche bianche. Per i più giovani è stato come aprire una finestra su un possibile futuro e per tutti i presenti (ve l’assicuro, senza retorica) è stata una vera emozione. Tanto più per me. Perché proprio al Carlo Porta, come allievi o come insegnanti, sono legati molti collaboratori de La Cucina Italiana, a partire dal nostro consulente gastronomico Walter Pedrazzi, e poi Fabio Zago, Sergio Barzetti, il “principe” dei sommelier Giuseppe Vaccarini.
E perché domani, da quella schiera di ragazzi, potrebbero arrivare nuovi chef anche nelle nostre cucine. Oppure (come è accaduto) nuove stelle Michelin. Personalmente, qualunque scelta facciano, sarei felice che uscissero persone appassionate, che vedono nella ristorazione, nella pasticceria, nell’arte della sommellerie, un’occasione di realizzazione professionale e di crescita personale. In Italia, paese turistico per eccellenza, ci sarà sempre più domanda di bravi camerieri (professione difficile e remunerativa) e di bravi cuochi. Che sappiano, nel caso, offrire eccellenti menu sotto i 25 euro.
Trovato questo articolo interessante? Condividilo sulla tua rete di contatti Twitter o sulla tua bacheca su Facebook. Diffondere contenuti che trovi rilevanti aiuta questo blog a crescere. Grazie! CONDIVIDI SU!
0 commenti :
Posta un commento