Spezie, curry, tandoori: la cucina indiana evoca sapori e colori dell’Asia, aromi ambrati e tradizioni misteriose e antiche.
Eppure, per quanto i ristoranti indiani siano ormai diffusi da tempo in occidente e siano tra i più amati tra i vari locali etnici, parlare di cucina indiana tout court rischia di risultare improprio: il subcontinente indiano presenta una tale varietà di usanze, religioni e tradizioni, che hanno influenzato ogni forma della vita quotidiana, compreso il rapporto col cibo, che in effetti sarebbe più corretto parlare di “cucine”.
Basti pensare alla fondamentale suddivisione in tre religioni, induismo, buddhismo e islam, ognuna con i suoi precetti per quanto riguarda l’alimentazione.
Si hanno così zone in cui la carne di maiale è vietata, altre in cui i bovini non possono essere uccisi, o in cui si pratica direttamente il vegetarianismo; allo stesso modo, ci sono luoghi in cui l’alcool non si usa, e altri che hanno una lunga e ricca tradizione basata sulla birra. All’interno della stessa religione, poi, le regole cambiano: per le caste indù i precetti alimentari differiscono, e addirittura ogni famiglia può seguire i suoi usi e le sue tradizioni millenarie.
Per quanto riguarda la maggior parte degli Induisti, vegetariani, i pasti principali sono a base di riso, verdura e frutta, usatissima anche, adeguatamente trattata, come un particolare condimento chiamato “chutney”. I pasti si consumano, come per la maggior parte dei popoli asiatici, senza una netta distinzione nell’ordine delle portate: non ci sono primi, secondi, contorni, ma tutto viene presentato in tavola insieme.
L’intoccabilità dei bovini, animali sacri, ha fatto sì che, per quella parte della popolazione che consuma la carne, si creasse un florilegio di variazioni di ricette per la carne ovina e il pollame.
Oltre ai precetti religiosi, la cucina indiana è influenzata, come in ogni paese, dalla collocazione geografica: il pesce è consumato prevalentemente nelle regioni orientali; al nord è più diffuso il pane, rispetto al riso del sud, è la patria del tandoori e si fa un uso minore di spezie e peperoncino; amatissimi invece al sud, come tutte le varietà di curry. A proposito di piccantezza, occorre ricordare che i ristoranti in occidente spesso modificano le ricette per renderle più tollerabili o riconoscibili ai palati europei e americani; chi è andato in India saprà che il cibo locale è molto più speziato e piccante di quello proposto fuori dal continente.
Per quanto riguarda i cibi tipici, il tandoori è un alimento a base di carne o pesce, cotto in uno speciale forno di terracotta, che consente una cottura rapida ad altissima temperatura; il risultato è la croccantezza esterna, la morbidezza interna e la mancanza di grassi nella cottura.
Il curry (dalla parola indiana kari, che può essere tradotta come salsa), è la prima caratteristica che viene in mente a un occidentale che pensi alla cucina indiana; eppure, anche il curry “non esiste”: non è infatti una specifica spezia, come molti pensano, pronta per essere comprata nei negozi o realizzata in casa seguendo ricette precise. In quanto appunto “salsa”, “condimento”, viene modificato di volta in volta, cambiando i suoi ingredienti a seconda del piatto che deve valorizzare.
Per quanto riguarda le bevande, durante i pasti viene spesso consumato il tè, aromatizzato; è molto diffuso anche lo scerbet, a base di frutta, e il lassi, a base di yogurt e sale o zucchero. Le bevande alcooliche non sono diffuse tra tutta la popolazione; il liquore più noto è l’asha, la cui produzione, limitatissima, consiste nella fermentazione di frutta, selvaggina, pollame e, secondo le leggende locali, polvere di pietre preziose.
Per capire meglio la cucina indiana può essere utile conoscere qualche definizione:
Eppure, per quanto i ristoranti indiani siano ormai diffusi da tempo in occidente e siano tra i più amati tra i vari locali etnici, parlare di cucina indiana tout court rischia di risultare improprio: il subcontinente indiano presenta una tale varietà di usanze, religioni e tradizioni, che hanno influenzato ogni forma della vita quotidiana, compreso il rapporto col cibo, che in effetti sarebbe più corretto parlare di “cucine”.
Basti pensare alla fondamentale suddivisione in tre religioni, induismo, buddhismo e islam, ognuna con i suoi precetti per quanto riguarda l’alimentazione.
Si hanno così zone in cui la carne di maiale è vietata, altre in cui i bovini non possono essere uccisi, o in cui si pratica direttamente il vegetarianismo; allo stesso modo, ci sono luoghi in cui l’alcool non si usa, e altri che hanno una lunga e ricca tradizione basata sulla birra. All’interno della stessa religione, poi, le regole cambiano: per le caste indù i precetti alimentari differiscono, e addirittura ogni famiglia può seguire i suoi usi e le sue tradizioni millenarie.
Per quanto riguarda la maggior parte degli Induisti, vegetariani, i pasti principali sono a base di riso, verdura e frutta, usatissima anche, adeguatamente trattata, come un particolare condimento chiamato “chutney”. I pasti si consumano, come per la maggior parte dei popoli asiatici, senza una netta distinzione nell’ordine delle portate: non ci sono primi, secondi, contorni, ma tutto viene presentato in tavola insieme.
L’intoccabilità dei bovini, animali sacri, ha fatto sì che, per quella parte della popolazione che consuma la carne, si creasse un florilegio di variazioni di ricette per la carne ovina e il pollame.
Oltre ai precetti religiosi, la cucina indiana è influenzata, come in ogni paese, dalla collocazione geografica: il pesce è consumato prevalentemente nelle regioni orientali; al nord è più diffuso il pane, rispetto al riso del sud, è la patria del tandoori e si fa un uso minore di spezie e peperoncino; amatissimi invece al sud, come tutte le varietà di curry. A proposito di piccantezza, occorre ricordare che i ristoranti in occidente spesso modificano le ricette per renderle più tollerabili o riconoscibili ai palati europei e americani; chi è andato in India saprà che il cibo locale è molto più speziato e piccante di quello proposto fuori dal continente.
Per quanto riguarda i cibi tipici, il tandoori è un alimento a base di carne o pesce, cotto in uno speciale forno di terracotta, che consente una cottura rapida ad altissima temperatura; il risultato è la croccantezza esterna, la morbidezza interna e la mancanza di grassi nella cottura.
Il curry (dalla parola indiana kari, che può essere tradotta come salsa), è la prima caratteristica che viene in mente a un occidentale che pensi alla cucina indiana; eppure, anche il curry “non esiste”: non è infatti una specifica spezia, come molti pensano, pronta per essere comprata nei negozi o realizzata in casa seguendo ricette precise. In quanto appunto “salsa”, “condimento”, viene modificato di volta in volta, cambiando i suoi ingredienti a seconda del piatto che deve valorizzare.
Per quanto riguarda le bevande, durante i pasti viene spesso consumato il tè, aromatizzato; è molto diffuso anche lo scerbet, a base di frutta, e il lassi, a base di yogurt e sale o zucchero. Le bevande alcooliche non sono diffuse tra tutta la popolazione; il liquore più noto è l’asha, la cui produzione, limitatissima, consiste nella fermentazione di frutta, selvaggina, pollame e, secondo le leggende locali, polvere di pietre preziose.
Per capire meglio la cucina indiana può essere utile conoscere qualche definizione:
Aloo:
La patata, con cavolfiore nell’Aloo Gobi e con gli spinaci per il Sag Aloo.
La patata, con cavolfiore nell’Aloo Gobi e con gli spinaci per il Sag Aloo.
Atta:
Farina integrale usata per il pane.
Farina integrale usata per il pane.
Besan:
Farina di ceci
Farina di ceci
Biriani:
Un curry asciutto con carne, gamberi o verdure con spezie e riso, accompagnato da una salsa di verdura al curry.
Un curry asciutto con carne, gamberi o verdure con spezie e riso, accompagnato da una salsa di verdura al curry.
Chapati:
Pane non lievitato fatto con farina di frumento integrale e acqua.
Pane non lievitato fatto con farina di frumento integrale e acqua.
Chutney:
Frutta trattata con zucchero, aceto e spezie, fino a farne un condimento.
Frutta trattata con zucchero, aceto e spezie, fino a farne un condimento.
Dal:
Il termine generico per i legumi, ma anche un piatto a base di lenticchie.
Il termine generico per i legumi, ma anche un piatto a base di lenticchie.
Garam Masala:
Miscela di spezie, in genere cumino, coriandolo, pepe, cannella, garofano, cardamomo, utile per la preparazione dei curry.
Miscela di spezie, in genere cumino, coriandolo, pepe, cannella, garofano, cardamomo, utile per la preparazione dei curry.
Ghi:
Burro chiarificato.
Burro chiarificato.
Paneer:
Un formaggio fresco, usato in molti piatti.
Un formaggio fresco, usato in molti piatti.
Papad:
Cialde croccanti che possono accompagnare i curry.
Cialde croccanti che possono accompagnare i curry.
Paratha:
Pane friabile.
Pane friabile.
Poori:
Pane non lievitato fatto con farina di frumento integrale, acqua e ghi.
Pane non lievitato fatto con farina di frumento integrale, acqua e ghi.
Roti:
Altro tipo di pane non lievitato.
Altro tipo di pane non lievitato.
Tandoori:
Un tipo di forno da cui prendono nome i piatti tradizionali cotti direttamente sul fuoco.
Un tipo di forno da cui prendono nome i piatti tradizionali cotti direttamente sul fuoco.
Vindaloo:
Originario del Portogallo, a base di carne e molto speziato.
Originario del Portogallo, a base di carne e molto speziato.
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