Il
capitolo dei dolci è a dir poco invitante e, a questo punto... speriamo
che nessuno di voi sia a dieta! Molti dessert tipici vengono preparati
in occasione delle festività, ma naturalmente nessuno vieta di mangiarli
tutto l’anno. Cosa si può assaggiare, allora, durante un viaggio in
Campania?
Gli
struffoli con frutta candita, miele, scorza d’arancia, fritti in olio
bollente, le zeppole di San Giuseppe, i mustaccioli sono tipici del
periodo di Natale (anche se ormai si trovano tutto l’anno), la pasta
reale che dà origine a semplici dolcetti composti di mandorle e
zucchero, i roccocò, i susamielli, le sapienze, dolci che provengono
dalla tradizione conventuale, le coviglie al cioccolato, tipiche di
Napoli, i franfellicchi, di tradizione greca, caramelle di zucchero (che
i Greci preparavano con il miele) tirato fino a diventare bianco e poi
intrecciate. A Pasqua si prepara la famosa pastiea con pasta frolla e
ripieno di uova, ricotta, acqua di fiori d’arancio, cannella, o la pizza
dolce ripiena di ricotta e confettura. Durante la Settimana Santa la
tradizione impone lo scambio di paniere e così nelle famiglie tutti la
preparano per donarla a parenti o amici, in modo che nessuno rimanga
senza dolce.
Nel periodo
di Carnevale si mangia il sanguinaccio di cioccolato o le deliziose
sfogliatelle ripiene, a Pasqua e a Natale si preparano i raffioli,
pastine ovali cotte al forno e ripiene di ricotta, cedro candito,
pistacchio e cioccolato, ricoperte di glassa. Infine, come dimenticare
il goloso babà, inzuppato di rhum squisito? Se tutto questo non vi
basta, vuoi dire che nulla potrebbe corrompervi, se invece siete
incuriositi non vi rimane che programmare una vacanza in Campania oppure
farvi questi splendidi dolci da soli o a casa con queste ricette
Sospiri al limone.
Specialità antichissima della costiera Amalfitana, nel
Salernitano, i sospiri sono dei piccoli dolci di forma rotondeggiante
formati da due semicerchi di pan di Spagna con al centro la crema.
Tradizionalmente, da oltre un secolo, i sospiri venivano riempiti con
crema pasticciera, oggi, da oltre un ventennio, la crema pasticciera
è stata sostituita dalla crema al limone. La preparazione del pan di
Spagna prevede l’impasto di uova, zucchero e farina per preparare le
formine della misura desiderata che devono essere adagiate su carta
da forno, ricoperte di crema al limone e poi ricoperte di glassa di
zucchero. Proprio per la ricchezza di limoni della costiera
Amalfitana i sospiri sono una specialità di tutti i numerosi
ristoranti della zona oltre che, naturalmente, di tutti i laboratori
artigianali di pasticceria.
Taralli intrecciati.
I
taralli intrecciati sono una specialità di tutte le aree interne della
regione Campania e sono preparati da secoli con la stessa ricetta e la
stessa tecnica, rigorosamente applicata dai panifici che li producono
ancora al livello interamente artigianale. Gli ingredienti sono farina
di frumento, olio extravergine di oliva, lievito, spezie o erbe
aromatiche. Dopo l’impasto e la lievitazione, la pasta viene tagliata a
striscioline che vengono intrecciate da loro e poi bollite, prima di
essere cotte in forno. Sono dei biscotti dorati dalla consistenza
croccante e dal sapore molto deciso e aromatico.
Chiacchiere.
Nel periodo di Carnevale, in tutta la regione Campania si
preparano dei dolci fritti detti “chiacchiere”. Le chiacchiere, dolci
allegri come il carnevale, hanno una consistenza ed una forma molto
particolari: tenere e friabili, sono tagliate irregolarmente a
strisce che poi vengono intrecciate in vario modo. La pasta delle
strisce è composta da zucchero farina, acqua e uova e vi si aggiunge
un vino liquoroso o, in alternativa, qualche spruzzo di liquore
Strega. Dopo essere state intrecciate, le chiacchiere vengono fritte
e, una volta asciugate attentamente su carta assorbente, vengono
spolverate con abbondante zucchero a velo. Durante il periodo di
carnevale in tutte le case si preparano le chiacchiere che sono
associate al sanguinaccio, la crema di cioccolato nella quale le
chiacchiere vengono immerse.
Copeta.
Nei territori campani di Benevento, Avellino e Salerno si produce
ancora oggi un torrone di antichissima tradizione, il cui nome deriva
dal latino “cupida” che vuol dire “desiderata”. La copeta “cupida” o
“cupita”, che veniva desiderata per la sua bontà, viene citata da
numerosi scrittori latini, tra cui Tito Livio, e viene riconosciuta
come l’antenato del torrone di Benevento: è un torrone bianco molto
compatto insaporito con nocciole, mandorle e, molto spesso, pistacchi.
Oggi si lavora nella torroniera, dove miele e zucchero vengono
riscaldati fino a 80°C e, mentre la torroniera viene fatta girare a
marcia veloce, e si aggiunge l’albume d’uovo sciolto in acqua,
preparato il giorno precedente. L’ultima fase avviene con la
torroniera alla velocità minima e vede l’aggiunta di zucchero a velo
spolverato, vaniglia, nocciole, mandorle o pistacchi, opportunamente
preriscaldati, perché abbiano la stessa temperatura dell’impasto; il
tutto viene prodotto in grosse lastre che vengono poi spaccate in pezzi
per essere vendute.
Raffioli o raffiuoli.
Il raffiolo o raffiuolo è l’adattamento campano del raviolo salato del nord Italia, a cui si ispira, nel nome e nella forma.
Questa specialità campana è, però, un dolce a base di pan di spagna
che, nella versione originale, è ricoperto di marmellata di
albicocche e poggia su una base di glassa di zucchero. La ricetta del
raffiolo classico è antichissima e piuttosto laboriosa.
Babà.
La storia del babà affonda le sue radici nella Polonia del XVIII
secolo, alla corte di re Stanislao Leszczinski, che, si narra,
rovesciò accidentalmente una bottiglia di rhum su un dolce realizzato
per lui dai suoi pasticcieri, dando vita al babà.
Fu Stanislao stesso a deciderne il nome, scegliendolo per due motivi:
primo perché lo volle dedicare ad Alì Babà, protagonista del celebre
racconto tratto da Le Mille e Una Notte, libro che il sovrano amava
leggere e rileggere, e, secondo, perché la parola “babà” è traducibile
con “vecchia signora”, in riferimento alla mollezza della pasta del
dolce, particolarmente adatta ai senza denti.
Il babà arrivò presto a Parigi, dove in tanti lo conobbero e lo
apprezzarono. A portarlo, successivamente, a Napoli furono i “monsù”,
deformazione della parola monsieur, gli chef francesi che prestavano
servizio presso le nobili famiglie napoletane.
A Napoli il babà si è perfezionato, acquisendo le caratteristiche che
lo distinguono: la particolare morbidezza, ottenuta mediante il
procedimento di bagnarlo con acqua e zucchero, e la caratteristica
forma bombata, simile a un fungo; è per questo che oggi il babà
comunemente considerato una specialità di origine Campana.
Biscotti al miele.
Il
Cilento, in provincia di Salerno è una zona dalla vegetazione
rigogliosa e variegata e, per questo motivo, è un paradiso per le api
alla ricerca di nettari; grazie a queste particolari condizioni,
l’apicoltura e la produzione di pregiatissime varietà di miele è una
tradizione molto antica in tutto il Cilento. Da sempre il miele locale
viene utilizzato nelle ricette tipiche della zona: in particolare
nei comuni di Calore Salernitano ed Alburni si preparano dei biscotti
prodotti con miele locale, detti anche “pupette” o “mustacciuoli”,
che vengono tradizionalmente offerti in occasioni particolari, come i
matrimoni o i festeggiamenti delle comunità. I biscotti al miele hanno
una consistenza piuttosto elastica, un colore tendente al bruno più o
meno scuro in relazione al tipo di miele utilizzato e vengono
realizzati in diverse forme: allungati, a forma di rombo o a forma di
omini e animali. A volte li troviamo guarniti con piccoli confetti
colorati. La tecnica di preparazione è molto semplice: il miele locale
si riscalda e si schiuma con farina di grano tenero in modo tale da
ottenere un impasto consistente a cui si aggiungono sale e, secondo
alcune ricette, un po’ di ammoniaca. In seguito l’impasto si manipola
con l’olio d’oliva per dare ai biscotti la forma desiderata; prima di
essere infornati si lucidano ancora con olio d’oliva. A volte, in
alcune località, troviamo ricette che prevedono l’aggiunta all’impasto
di altri ingredienti come olio di oliva, nocciole tritate, uova,
aromi di cannella e buccia di limone.
Spantorrone di Grotta.
Lo spantorrone è un dolce tradizionalmente preparato in
provincia di Avellino, la cui ricetta viene tramandata nelle famiglie
produttrici del comune di Grottaminarda, come ricorda il suo nome
completo che è, per l’appunto: spantorrone di Grotta. È un tipo
particolare di pantorrone, caratterizzato da una particolare
friabilità, e dal fatto che, nel momento in cui si rompe, anziché
spaccarsi in pezzi si sbriciola quasi, riducendosi in scaglie. La
ricetta originale ci dice che la preparazione deve avvenire nella
torroniera, dove, dopo aver riscaldato per molte ore miele ed albume
si aggiungono le mandorle e le nocciole e vaniglia. Il prodotto viene
steso negli stampi e ricoperto di fettine di Pan di Spagna imbevute di
rhum e liquore strega.
Pigna.
Nelle
aree interne delle province di Benevento e Caserta la tradizione
culinaria ci ha tramandato l’antica ricetta di un dolce molto soffice,
detto “pigna”, o “pignatella”, perchè, essendo più alto che largo,
ricorda la forma di una pigna. Si prepara in casa, nel periodo
pasquale con farina di grano tenero, lievito di birra fresco, uova,
patate schiacciate e aromi, il tutto impastato con aggiunta di acqua.
L’impasto lavorato a lungo viene lasciato lievitare per ben tre giorni
prima di essere infornato e, dopo la cottura, ricoperto di glassa di
zucchero. La pigna, che ricorda vagamente un panettone, oltre ad
essere preparata in casa, si può acquistare nei laboratori artigianali
della zona durante il periodo pasquale.
Delizia al limone.
La delizia al limone è un dolce relativamente giovane rispetto
alla maggior parte di quelli facenti parte della tradizione dolciaria
campana; originario delle due costiere, quella Sorrentina e quella
Amalfitana, è stato, infatti, inventato negli anni ’70. Si presenta
come un piccolo dolce di pan di Spagna rivestito e ripieno di panna e
crema al limone. Si ottiene realizzando una pasta tipo bignè, di
grandezza variabile a secondo delle zone che, una volta cotta in
forno, viene riempita con una crema realizzata con latte, farina,
tuorli d’uovo, limoni, zucchero, panna, e guarnita con la stessa crema
al limone e con panna montata. È un dolce che va consumato
freschissimo e non può essere conservato per un tempo superiore alle
tre ore; per lo più viene offerto in occasioni festive, come per
esempio i matrimoni, dove molto spesso sostituisce la torta.
Struffoli.
Gli struffoli sono dolci immancabili in tutte le case campane
durante il periodo natalizio e sono un piatto antichissimo. Furono
portati a Napoli, verosimilmente, dai Greci al momento della
fondazione di Partenope. Greca è, con ogni probabilità, l’origine del
nome, da “strongulus” che vuol dire “arrotondato” e richiama alla
loro forma: gli struffoli, infatti, altro non sono che delle
“palline” fritte, ottenute da un impasto di uova e farina, e
compattate dal miele e dalla guarnitura di canditi e confetti di
zucchero. L’antichissima ricetta, tramandata di casa in casa vuole
che l’impasto venga preparato con farina, uova, burro, latte, limone
grattugiato, sale, vaniglia o vanillina e si lavori a lungo per poi
essere tagliato in pezzetti piccoli che vengono modellati a forma di
palline di circa un centimetro di diametro che vanno fritte in olio e
poi miscelate al miele. Il composto va poi lavorato con le mani,
adagiato su un vassoio e guarnito con pezzetti di frutta candita e
confetti colorati.
Torrone di castagna.
Il torrone di Castagne, detto anche “pantorrone” o “spantorrone”
di castagne, è una specialità che da oltre 30 anni si produce in
tutta la zona della provincia di Avellino, area rinomata per la
coltivazione di castagne. Questo particolare tipo di torrone è una
produzione dei comuni di Bagnoli Irpino, Cassano Irpino e Montella ed
è ottenuto con il tradizionale impasto di miele, albume e zucchero a
velo arricchito da una gustosa farcitura a base di castagne, candite
oppure in pasta, molto spesso insaporite dall’aggiunta di cacao e
rhum. Viene prodotto da ditte locali che osservano regole rigidissime
e lo commercializzato in tutta Italia.
Sanguinaccio.
Il
sanguinaccio è una crema a base di cioccolato, latte e sangue di
maiale, che fa parte delle antichissime ricette popolari
carnascialesche, legate ai festeggiamenti in onore dell’uccisione del
maiale, del quale “non si butta niente”, neanche il sangue. Gli
ingredienti necessari per prepararlo sono, infatti, il sangue di
maiale, zucchero, tuorli d’uovo, farina, latte, cioccolato fondente e
cacao, che vengono amalgamati e cotti in pentole dove bollono per
circa 10 minuti. Il sanguinaccio si serve freddo, guarnito con canditi
di frutta e praline di cioccolato, e, di solito, si accompagna con
le chiacchiere o con biscotti morbidi tipo “savoiardi”. Oggi, per
motivi di carattere igienico, il sanguinaccio viene preparato e venduto
esclusivamente in una variante che non prevede l’utilizzo del sangue
di maiale.
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