Abruzzo sette virtù. L'asperità delle catene montuose che circondano l’Abruzzo, ha da sempre fatto mantenere a questa terra un'arte culinaria viva ed indipendente.
Per molti secoli l'economia della regione ha consentito a fatica la sopravvivenza: né l'agricoltura, poco remunerativa sull'Appennino più alto, né la pastorizia davano benessere. L’assenza delle grandi famiglie stanziali e delle relative dimore con i sontuosi banchetti, non ha fatto lasciare traccia di ricette abruzzesi nei più famosi trattati di gastronomia dei vari secoli.
E’ il peperoncino la presenza costante di tutti i piatti dell’area, mentre lo zafferano, che qui trova la sua culla italiana, stranamente non viene quasi impiegato in cucina, e l'unico piatto che lo prevede è una marinata di pesce: lo scapece di Vasto.
La pasta di grano duro, un’eccezionalità della terra d’Abruzzo, vede la ricetta più famosa nei maccheroni alla chitarra. Altro protagonista dell’antica tavola della regione è un minestrone che viene chiamato Le Virtù.
La gastronomia dell’Abruzzo è massicciamente influenzata dalle preparazioni dei pastori, importanti sono i formaggi e la carne ovina: tipici l’agnello a "catturo", la "capra alla neratese", o gli "arrosticini" (spiedini di carne di pecora arrosto).
Fra le carni avicole storico è il «pollo alla Franceschiello», tagliato a pezzi e cotto con l’aggiunti di olio, aromi, olive, sottaceti, così chiamato perché fra i piatti preferiti del Re delle Due Sicilie. Sulla costa si incontra il sapore del mare; pesce azzurro, ma anche molluschi, crostacei, e le straordinarie minuscole triglie dette "agostinelle".
Molto rinomati i diversi brodetti che in ogni località rappresentano una variazione della zuppa di pesce adriatica.
L'abitudine della gente d'Abruzzo di festeggiare le occasioni solenni con interminabili pranzi, fece nascere le “panarde”, eventi celebrativi d’opulenza contro la miseria quotidiana.
Il pranzo di nozze rispettabile non poteva avere meno di venti portate, quello offerto all'ospite di riguardo arrivava a trenta, e chi non resisteva a degustare tanta abbondanza rischiava di offendere irrimediabilmente l’anfitrione dell’imbandigione. Le panarde si organizzano ormai solo a scopi di folclore, ma le tradizioni abruzzesi hanno generato illustri cuochi, che nel ‘900 sono stati garanzia di precisione ed estro nelle cucine di transatlantici, alberghi di lusso e illustri famiglie: da quella imperiale nipponica a quella della Casa Bianca.
Per molti secoli l'economia della regione ha consentito a fatica la sopravvivenza: né l'agricoltura, poco remunerativa sull'Appennino più alto, né la pastorizia davano benessere. L’assenza delle grandi famiglie stanziali e delle relative dimore con i sontuosi banchetti, non ha fatto lasciare traccia di ricette abruzzesi nei più famosi trattati di gastronomia dei vari secoli.
E’ il peperoncino la presenza costante di tutti i piatti dell’area, mentre lo zafferano, che qui trova la sua culla italiana, stranamente non viene quasi impiegato in cucina, e l'unico piatto che lo prevede è una marinata di pesce: lo scapece di Vasto.
La pasta di grano duro, un’eccezionalità della terra d’Abruzzo, vede la ricetta più famosa nei maccheroni alla chitarra. Altro protagonista dell’antica tavola della regione è un minestrone che viene chiamato Le Virtù.
La gastronomia dell’Abruzzo è massicciamente influenzata dalle preparazioni dei pastori, importanti sono i formaggi e la carne ovina: tipici l’agnello a "catturo", la "capra alla neratese", o gli "arrosticini" (spiedini di carne di pecora arrosto).
Fra le carni avicole storico è il «pollo alla Franceschiello», tagliato a pezzi e cotto con l’aggiunti di olio, aromi, olive, sottaceti, così chiamato perché fra i piatti preferiti del Re delle Due Sicilie. Sulla costa si incontra il sapore del mare; pesce azzurro, ma anche molluschi, crostacei, e le straordinarie minuscole triglie dette "agostinelle".
Molto rinomati i diversi brodetti che in ogni località rappresentano una variazione della zuppa di pesce adriatica.
L'abitudine della gente d'Abruzzo di festeggiare le occasioni solenni con interminabili pranzi, fece nascere le “panarde”, eventi celebrativi d’opulenza contro la miseria quotidiana.
Il pranzo di nozze rispettabile non poteva avere meno di venti portate, quello offerto all'ospite di riguardo arrivava a trenta, e chi non resisteva a degustare tanta abbondanza rischiava di offendere irrimediabilmente l’anfitrione dell’imbandigione. Le panarde si organizzano ormai solo a scopi di folclore, ma le tradizioni abruzzesi hanno generato illustri cuochi, che nel ‘900 sono stati garanzia di precisione ed estro nelle cucine di transatlantici, alberghi di lusso e illustri famiglie: da quella imperiale nipponica a quella della Casa Bianca.
- 1 Primi piatti
- 1.1 Maccheroni alla chitarra
- 1.2 Tajarill
- 1.3 Rintrocl
- 1.4 Maltagliati
- 1.5 Maccheroni alla Mugnaia (o Molinara)
- 1.6 Sagne e fasciul' (fagioli)
- 1.7 Le Ceppe
- 1.8 Polenta all'Abruzzese
- 2 Secondi
- 2.1 Arrosticini
- 2.2 Brodetto di pesce
- 2.3 Pecora alla cottora
- 2.4 Porchetta
- 3 Piatti unici
- 3.1 Pallotte cace e ove
- 4 Dolci
- 4.1 Cagionetti, calgionetti, caggiunitt', caggionetti
- 4.2 Nuvole (Neole, Nevole, Pizzelle o Ferratelle)
- 4.3 Bocconotti
- 4.4 Parrozzo
- 4.5 Fiadoni
- 4.6 La Pupa, il Cavallo e il Cuore
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